Siamo alla XI e XII occasione per andare a teatro insieme che il sito propone ai suoi affezionati lettori: quasi 50 persone per Riondino al Piccolo

Di Giusi Di Lauro

Categoria Serate Olé da Torero

Pubblicato Aprile 2, 2023

Il gruppo di 20 persone che hanno partecipato alla prima delle due Serate Olè da Torero organizzate da Milanoateatro al Piccolo per "Ritratto di un artista da morto", credit @Marta Calcagno

Il racconto dei due appuntamenti organizzati da Milanoateatro mercoledì e giovedì scorsi, per 20 e 27 persone rispettivamente: Riondino sa coinvolgere e includere gli spettatori, fino a farli diventare parte attiva di ciò che avviene in scena

Sembravano due serate come le altre organizzate da Milanoteatro per vedere tutti insieme uno spettacolo proposto da Marta Calcagno Baldini, ideatrice e direttrice del sito, tra quelli recensiti: aperitivo prima, se bisogna essere in sala per l’inizio alle 20.30, o cena, se alle 19.30. Chiacchiere e uno sguardo alla recensione. Tanti i partecipanti al Piccolo Teatro Studio gli scorsi 29 e 30 marzo: in tutto 47 persone, nella media di queste iniziative.  

Qualcosa di diverso è però accaduto, tanto che i nostri amici e amiche si sono trasformati da semplici spettatori a player, giocatori, nel senso attivo di partecipanti al testo teatrale. Come è stato possibile? 

Ci ha pensato l’attore, solo in scena, Michele Riondino, che ha raccontato in «Ritratto dell’artista da morto», testo di Davide Carnevali, una storia  sullo stile dei docutheatre (documentary theatre), attorno a un appartamento a Buenos Aires di cui diventa proprietario (Milanoateatro ha recensito lo spettacolo, potete leggere il nostro parere a questo link: Al Piccolo Teatro i totalitarismi del Novecento ispirano nuove domande, e in “Ritratto dell’artista da morto” i dubbi sul senso delle ideologie rimangono vivi – Milano a Teatro). Da qui, pezzo a pezzo ha ripercorso una storia all’indietro, fino al 1978 in Argentina, nell’epoca del Programma di riorganizzazione nazionale. Meglio nota per i casi di decine e decine di migliaia di desaparecidos, persone considerate pericolose dalla dittatura sparite nel nulla, la maggior parte in mare.  

Il pubblico al momento non sa ancora di essere in azione, sembra uno spettacolo che sta davanti. Poi, man mano che prosegue, il racconto ci riguarda più da vicino, ci porta a farci delle domande, a me verrebbe quasi da intervenire e chiedere a Riondino degli elementi in più, o anticipare la fine, tale è la tensione che si è creata. Ad esempio la persona da cui ha ereditato l’appartamento è davvero un suo parente anche se si chiama Reondino? Forse è proprio una traslitterazione come dice l’ufficiale giudiziario? Il desaparecido è davvero scomparso? Perché la sua casa è in ordine? Sembra uscito da poco, se non fosse per quella radio vecchissima, con il mangiacassette, il frigo vecchio stile, ci sono però delle birre. E quel collegamento con il musicista italiano che aveva cambiato nome perché ebreo ha trovato altri riscontri oltre agli spartiti trovati su un piano? Che ne è stato dello zio emigrato? 

A un certo punto siamo invitati a vedere da vicino l’appartamento, scendiamo dagli spalti, Riondino ci mostra anche delle foto, ora quella non è più la scenografia dello spettacolo, siamo calati nel racconto, io ad esempio vorrei spostare qualche libro, non si può, guardo solo i titoli. 

Il pubblico scende dalle poltrone e occupa il centro e ogni parte della scena: può girare per lo spazio ed esaminare da vicino ogni elemento scenografico. Credit @Marta Calcagno
Il pubblico scende dalle poltrone e occupa il centro e ogni parte della scena: può girare per lo spazio ed esaminare da vicino ogni elemento scenografico Credit @marta-calcagno

Poi si arriva al finale, che resta aperto o forse chiuso, in realtà ognuno esce con una conclusione diversa in mente. Non è quello il punto. Si è trattato di un falso doctheatre che ha funzionato bene come mimesi? Come un rivivere emotivo la storia? Altri avranno ricostruito in altro modo i pezzi. Il giocatore fa la sua partita e si prende quello che gli serve per chiudere. Sarebbe interessante per l’autore del testo raccogliere le diverse interpretazioni dei partecipanti alla serata, vedere che ne è stato degli indizi, dei collegamenti che sono stati fatti tra la piccola storia personale di ognuno magari e la tragedia degli scomparsi.    

Restiamo un attimo fuori dal teatro prima di salutarci o andare al dopoteatro (entrambe le sere siamo stati al Pandenus di via Mercato, per un servizio che non ci ha lasciato soddisfatti. Trovate la recensione qui, scorrendo in basso nella sezione “Consigli per prima o dopo lo spettacolo”: Al Piccolo Teatro i totalitarismi del Novecento ispirano nuove domande, e in “Ritratto dell’artista da morto” i dubbi sul senso delle ideologie rimangono vivi – Milano a Teatro), guardiamo i bassorilievi della facciata mentre la metropolitana Lanza fa fuoriuscire altre persone, sembra che vogliano entrare anche loro nell’appartamento di Buenos Aires. Un’auto rossa aspetta una ragazza, no, non è la Ford Falcon che abbiamo visto in scena. Siamo ancora immersi nella recita, nel play come dicono gli inglesi. Anche qualche gonnellino un po’ hippy ci turba, il ragazzo con i capelli lunghi biondi arriva dal ’78 anche lui? 

Ci salutiamo ancora un po’ estraniati, poi la strada verso casa o verso il ristorante, che s’incaricherà di riportarci indietro al nostro anno . O forse avanti? 

Al Pandenus all'aperitivo
Al Pandenus credit @MartaCalcagno

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