Parlare degli stereotipi del comunismo sovietico è ancora una novità
Di Marta Calcagno BaldiniCategoria Recensioni
Pubblicato Giugno 4, 2025

Censura, omicidi, Gulag e torture nello spettacolo di Cesar Brie all'Elfo Puccini: il regista, attore e drammaturgo argentino racconta una tragica parte della Storia poco svelata
Uno spettacolo può dirsi perfettamente riuscito quando, anche dopo gli applausi, il pubblico resta in sala, esce lentamente. Come se non volesse abbandonare le sensazioni appena vissute, come se si sperasse in un altro ritorno a sorpresa degli attori magari anche solo per scambiare due parole. E ieri sera, all’Elfo Puccini, dopo la prima di Re Lear è morto a Mosca, scritto, diretto e anche con l’interpretazione di Cesar Brie, è andata così. Si dà il caso, poi, che il gruppo di 10 attori si sia anche reso disponibile all’uscita per la vendita di alcuni testi che documentano il loro lavoro: il tempo necessario, ed eccoli infatti appena fuori dalla Sala Fassbinder, in cui lo spettacolo è in scena fino al 15 giugno. Altra scusa per ritardare l’uscita dal teatro (sala quasi piena).
Re Lear è morto a Mosca è uno di quegli spettacoli che, si percepisce, sono il frutto di un impegno collettivo e quotidiano. E non serve sapere che “è un’opera che mi ha visto lavorare per due anni insieme a dodici allievi (col tempo ridotti a otto) in costante contatto con Antonio (Attisani)” come ha detto Cesar Brie. L’attore, regista e drammaturgo argentino (Buenos Aires, 1954), è tra i fondatori della Comuna Baires in Argentina, che nel 1974 si autoesilia a Milano. Nell’agosto del 1991 Brie fonda in Bolivia il Teatro de Los Andes. Nel 2010 lascia il Teatro de los Andes e la Bolivia, e lavora tra l’Italia e soprattutto l’Argentina. E neanche serve sapere che l’Attisani a cui si fa riferimento è attore, operatore teatrale e, dal 1992, docente universitario prima all’Università Ca’ Foscari di Venezia e poi a Torino: la sua ultima ricerca riguarda il teatro yiddish ed ebraico.
Non serve saperlo, se non a titolo informativo, perché anche solo assistendo allo spettacolo gia’ si percepisce che il risultato raggiunto in scena è possibile solo dopo un reale e motivato approfondimento culturale prima, attoriale poi. E infatti, per raccontare la lunga nascita di questo spettacolo si va ad anni prima del Covid: un giorno Attisani consegna a Brie il libro Solomon Michoels e Veniamin Zuskin- Vite parallele nell’arte e nella morte e, in seguito, I viaggi di Veniamin- Vita, arte e destino di un attore ebreo e Re Lear. Storia di uno spettacolo yiddish sovietico. Subito dopo il Covid, Brie fonda L’Isola del Teatro sulle colline della Val Tidone (tra le province di Pavia e Piacenza): un luogo in cui si vive insieme e si crea, in campagna, che richiama l’Odin Teatret di Eugenio Barba (di cui abbiamo parlato qui: “Odin Teatret” – Milano a Teatro). Anche Attisani c’è, i loro contatti erano ripresi (via mail, a Milano) proprio durante il Covid. “E’ uno spazio di ricerca fuori dei canoni considerati normali sia dai teatri che dalle accademie” dice Brie.
Squadra creata, fantasia coscientemente liberata. Il primo spettacolo dell’Isola del Teatro sarà proprio Re Lear è morto a Mosca, per la drammaturgia César Brie e Leonardo Ceccanti con la collaborazione di tutta la compagnia, regia di Brie.
Siamo in Russia, a Minsk, il 13 gennaio del 1948. Un furgone investe e uccide Solomon Michoels, attore: di lui restano un orologio da polso fermo alle 10 di sera, due figlie e una moglie. Notte tra il 23 e 24 dicembre, Mosca. Venjamin Zuskin, attore, viene rapito nel sonno, interrogato, torturato e quattro anni dopo fucilato. Il Teatro Ebraico di Mosca, il Goset, perde Lear e il suo Matto. Il primo e unico Re Lear in yiddish non andrà mai più in scena. Il mandante di questi omicidi è Iosif Stalin.
Solomon Michoels e Venjamin Zuskin: due attori ebrei, due amici, condannati per aver volato troppo in alto. Colpevoli di aver immaginato un teatro d’arte fatto di canti, danze, poesie e colori in lingua yiddish nell’Unione Sovietica di Stalin. Un viaggio in Russia per raccontare una storia vera ormai dimenticata, attraverso i dipinti di Chagall, che erano nella scenografia, e i personaggi del Re Lear: colpisce la sincerità con cui finalmente vengono affrontati tutti gli stereotipi ancora incandescenti del mondo sovietico, come l’oppressione di qualsiasi forma di pensiero libera. E poi la tortura e la morte che dilagarono verso tutti i rappresentanti di ogni forma artistica, ben rappresentata dalla scena in cui musicisti, poeti e pittori sono rinchiusi nei Gulag.
Concetti nuovi ancora nel 2025 anche per la difficoltà con cui, finora, è emersa la verità sui gulag e la censura, le morti e le torture procurate fino al crollo del Comunismo nel 1989. Oltre al merito di favorire una presa di coscienza storica, lo spettacolo coinvolge per la bravura e la preparazione degli attori. Meno di due ore in cui quadri, scene e impressioni si susseguono lasciando un ricordo finalmente vivo e realmente efficace della corruzione, della povertà, della morte e dell’annullamento dell’identità a cui portarono certi ideali.
DURATA: 1 ora e 40 minuti senza intervallo
Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, Milano
ORARI: mart. e sab. ore 19.30 | merc., giov., ven. ore 20.30 ore 20.00 | domenica ore 16.30
PREZZI: intero € 38/34 | <25 anni € 15 | >65 anni € 20 | online da € 16,50
BIGLIETTERIA: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021 – www.elfo.or
4 commenti
Laura Ferrari
Uno spettacolo intenso, profondo e sorprendente: “Re Lear è morto, morto a Mosca” colpisce nel segno sin dalle prime battute. Gli attori in scena sono stati semplicemente straordinari: ciascuno ha saputo incarnare con forza e sensibilità il proprio personaggio, offrendo interpretazioni originali, differenti nella forma e piene di sfumature emotive.
Le scelte registiche si sono rivelate particolarmente azzeccate: molto originali, capaci di valorizzare il testo e di guidare lo spettatore in un percorso narrativo ricco di tensione e significati. Il ritmo dello spettacolo è stato coinvolgente, con momenti che hanno saputo divertire il pubblico e altri in cui la commozione era palpabile in sala.
Coraggiosa la scelta di proporre uno spettacolo di questo tipo, che non cerca facili consensi ma punta in alto, regalando al pubblico un’esperienza teatrale autentica, intensa e necessaria. Un lavoro che lascia il segno. Grazie per la segnalazione!!!
Marta Calcagno Baldini
Grazie Laura per il tuo commento così sensibile a vari aspetti dello spettacolo e profondo nella riflessione.
paolo bosisio
ottima rcensione per uno spettacolo importante.
Marta Calcagno Baldini
Grazie Maestro