La voce di Mina prestata a cantare stereotipi
Di Marta Calcagno BaldiniCategoria Ciapa'l tram, Recensioni
Pubblicato Novembre 29, 2025

Ripubblichiamo la recensione del 21 maggio 2024 di "Vorrei una voce", che torna al Teatro Elfo Puccini dal 28 al 30 novembre con Tindaro Granata. Racconta il suo esperimento di insegnante di teatro nella Casa Circondariale di Messina. Ma ogni tema sociale è offuscato dalla pesantezza con cui interviene l'argomento dell'omosessualità
Che Mina sia un’icona gay è di per sé un fatto poco concepibile: lo sarebbe per la vita di costanti dimostrazioni nella volontà di affermare la sua personalità, fino all’uscita di scena che ancora lascia un languorino nel desiderio di rivederla esibirsi. Come se non fossero concetti interessanti e validi per ogni categoria di genere. Ecco perché Vorrei una voce, spettacolo di e con Tindaro Granata in scena al Teatro Elfo Puccini fino al 26 maggio, risulta un’interpretazione del tutto superflua, confusa, superficiale e superata della musica della cantante cremonese.
Solo su una scena buia in cui si intravedono vari abiti appesi a una certa distanza tra loro, inizialmente l’attore ricorda la sua personale esperienza di ragazzo che già da bambino scopre la sua omosessualità quasi come un gioco e poi ne prende atto con naturalezza, accompagnato da un amico-fidanzato con cui condivide vari anni di relazione. Quando questa termina subentra un periodo di incertezza: una vita di “occasioni mancate”, che generano paure. Da cui “ho accettato il lavoro nel carcere per togliermi di mezzo”. Granata infatti va ad insegnare teatro alle detenute come per prendersi un momento di riflessione. Lo spettacolo assume quindi fin da subito il tono di una confusa confessione che mischia vita privata e denuncia sociale.
Dopo la sorta di prologo iniziale sulle dichiarazioni di orientamento sessuale dell’autore-attore, simbolicamente entriamo con Granata nel Teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina con le detenute di alta sicurezza da lui simbolicamente restituite. Siamo nell’ambito del progetto “Il Teatro per Sognare”: qui Granata finge di incontrare le detenute e di impostare il lavoro con loro. Dovranno cantare in playback una canzone di Mina a loro scelta, e nella recitazione dovranno liberare se stesse. “Raccontarsi attraverso una forma d’arte”: creare un filtro esterno in modo da allontanare le proprie paure. Questo l’esercizio.
Ecco che attraverso le storie delle donne che hanno accettato il progetto si si affacciano i temi della maternità in carcere, della mafia, della morte, del bisogno di parlare e l’occasione che fornisce questo esercizio in carcere. Si affacciano, ma sono sempre e troppo offuscati dai continui riferimenti all’omosessualità e la solitudine che ha causato all’attore autore. Il che svilisce la portata del progetto di sostegno alla detenute, prestando anche la portata artistica di Mina non alla valenza sociale dell’esercizio in carcere, ma semplificandola tremendamente alla inutile icona di cantante amata dal mondo omosessuale.
Durata: 1 ora e 15 minuti
Teatro Elfo Puccini, corso Buenos Aires 33, Milano
Orari: mart ore 21 | merc e giov ore 20 | ven ore 20.30 | sab 19.30 | dom 16.30
Prezzi: intero € 34 / <25 anni € 15 / >65 anni € 18 / online da € 16,50
Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021
Consigli per prima o dopo lo spettacolo
Bistro Olinda
Propone piatti semplici, da poter consumare se necessario in poco tempo, anche vegetariani e vegani, oltre alle nuove interpretazioni di classici della gastronomia italiana o le incursioni di ricette etniche. I dolci sono fatti in casa, la scelta di vini provenienti da piccoli produttori regionali. Olinda è un progetto collettivo nato nel 1996 con l’obiettivo di superare l’ex Ospedale Psichiatrico Paolo Pini di Milano per ricostruire accessi ai diritti di cittadinanza di persone con problemi di salute mentale.
Indirizzo: Teatro Elfo Puccini, Corso Buenos Aires, 33, 20124 Milano
Website: https://www.olinda.org
Non solo Lesso
Una sala relativamente piccola e una sotto, scendendo una scala di una decina di gradini massimo. Arredamento accogliente, predomina il legno scuro nei tavoli, i portabottiglie sparsi per il locale, cassettiere e credenze: la parola “tradizione” è la prima che salta in mente entrando da “Non solo lesso”, in via Redi angolo via Jan. Fuori folle di persone si rincorrono tra le vetrine di Buenos Aires, qui, nelle corte vie appena dietro il corso, si respira subito un clima accogliente e rilassato. Breker, il proprietario, viene dalle terre percorse dal fiume Brenta, in Veneto: una vera e propria oasi con paesaggi incantevoli, sia naturalmente che per la ricchezza di ville storiche, monasteri, chiese. Ecco che, nel suo ristorante, la cucina rispecchia tutte queste caratteristiche: una cucina verace, di ingredienti genuini e ricette di tradizione “che si trovano un po’ in tutto il nord Italia” dice Beker. Ecco quindi trionfare il lesso (o bollito, 26 euro per testina, lingua, guancia, coda, cappello di prete, biancostato, geretto, cotechino, gallina serviti con salsa verde, mostarda, rafano, senape), che dà il titolo al ristorante, ma anche da provare il brasato, cotto per più di 3 ore, con la puree (ottima, 20 euro). Se i secondi trionfano (spezzatino, polpettone, cinghiale, straccetti ad esempio, sui 18, più cotoletta o ossobuco alla milanese 26 e 25 euro), da provare, tra i primi, la crema di zucca, 10 euro, i ravioli valtellinesi o le caramelle alla piacentina, 13.
Litle Italy
Proprio alle spalle del teatro, a tre minuti di distanza, è una trattoria che fa parte di una catena di locali sparsi tra Milano e l’hinterland. Ma la conduzione risulta familiare, cordiale ed efficiente. Ambiente semplice, due piani di sale e salette arredate con gusto semplice e senza il diffuso show off meneghino. Piatti frutto del mix di culture gastronomiche della casa, cilentane, toscane e salentine, con un pizzico di Basilicata ( i peperoni cruschi) offre una gamma di gustose pizze, fritti, fiori di zucca ripieni, melanzane imbottite, carni e pesce… ma non manca il tocco lombardo con l’immancabile risotto e la cotoletta orecchio di elefante (pure in versione imbottita con mortadella e altro). Prezzi intorno ai 20-25 euro , calice di vino o birra compresi.
Indirizzo: via Alessandro Tadino, 41
Website: https://littleitalymilano.com/
Ristorante Batong
Una sala abbastanza piccola a pochi minuti dal Teatro Elfo Puccini. Si trova in Galleria Buenos Aires 14, ma da un lato si affaccia su strada con ampie vetrate. Un gruppo di giovani camerieri, ragazze e ragazzi, simpatici. Tanti clienti cinesi, segno che la cucina è autenticamente asiatica. Infatti il Ristorante Batong è un unicum tra i locali che propongono piatti orientali a Milano: il menù qui è di piatti provenienti dallo Yunnan, regione nell’estremo sud ovest della Cina. Confina con Vietnam, Laos, Birmania e Tibet: ecco perchè si possono gustare qui ricette innovative oltre ai classici involtini primavera o ravioli al vapore (pur presenti). Imperdibili ad esempio gli spaghetti di riso in brodo piccante con carne di maiale macinata (10 euro). Molti sono i piatti con carne, meno di pesce e c’è anche una scelta di ricette vegetariane.
Chiuso al mercoledì
Indirizzo: Galleria Buenos Aires 14
Telefono: 022043712
Email: ristorante.batong@gmail.com



