Al Piccolo Galileo Galilei porta l’uomo a riflettere su se stesso

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Recensioni

Pubblicato Gennaio 12, 2023

Lo spettacolo prodotto da LAC-Lugano Arte Cultura parte dall'abiura del 1633 dello scienziato pisano verso le sue scoperte per approfondire la nostra fragilità da un lato e l'innata curiosità dall'altro

Questo spettacolo è un’opera d’arte, un sogno in cui entrare piano piano. Siamo al Piccolo Teatro Strehler, dove dal 10 al 15 gennaio è in scena “Processo Galileo”, di Angela Demattè e Fabrizio Sinisi: i due drammaturghi si sono trovati, dopo i duri anni della pandemia, a riflettere e scrivere del proprio rapporto con la scienza. Sono stati Andrea De Rosa e Carmelo Rifici, i due registi con cui ciascun drammaturgo stava inizialmente lavorando, a decidere di unirsi: ecco uno spettacolo a quattro mani. Due drammaturghi e due registi, per un’opera che è completa, elegante, storica e universale nello stesso tempo. Passato e presente si mischiano, per far emergere il concetto della fragilità, ma allo stesso tempo anche l’insaziabile curiosità e innato desiderio di avanzamento, crescita dell’uomo. La paura dell’ignoto contro la forza dell’intelligenza.

Su un palcoscenico aperto, in cui i pochi elementi scenici sono più che altro strumenti per gli attori con cui interagire, si consumano tre storie contemporaneamente, tre momenti diversi ma uniti in un unico spettacolo. Varie voci, come in un dibattito in questo caso armonico e costruttivo, si mischiano. Protagonista non è Galileo Galilei, interpretato da Luca Lazzareschi, ma la sua abiura, che costituisce il prologo: nel 1633 ha dovuto “lasciar la falsa opinione che il sole sia al centro del mondo e che non si muova e che la terra non si centro del mondo e che si muova”. Con le stesse parole usate davanti all’Inquisizione si parte, per uno spettacolo che cerca di dimostrare la fragilità dell’essere umano davanti all’Infinito, e allo stesso tempo il suo incessabile tentativo di afferrarlo, di comprenderlo. 

E così, dopo il prologo, che è un salto nel passato, si arriva al presente: ecco Catherine Bertoni de Laet che interpreta Angela, una giovane donna, madre e studiosa (nonché pianista, suona in scena a tratti per tutto lo spettacolo), che deve stendere una relazione per una rivista divulgativa su quali siano i nuovi paradigmi della scienza oggi. Lei è una sostenitrice della modernità di Galileo, con cui interagisce in scena in un dialogo fra presente e passato, del fatto che i suoi studi abbiano congiunto la ricerca scientifica alla capacità tecnica. Un sostegno, però, che umanamente le costa caro, perché sta vivendo una situazione personale tragica che la distrae dalle materie alte e allo stesso tempo squisitamente scientifiche che deve trattare: è madre di un bambino piccolo, e ha appena perso la sua di madre, interpretata da una efficace Milvia Marigliano. Con cui anche intrattiene un dialogo extra-terreno. 

Credit @Masiar Pasquai

La presenza contemporanea sul palco della morte e la vita, del passato e il presente costituiscono la terza dimensione in cui ci catapulta lo spettacolo: da una parte Galileo e la sua ricerca sul sapere, dall’altra la madre dal carattere concreto e pratico. Il pianoforte e gli studi contro la passione per l’orto e l’allevamento dei figli. Dopo il passato, con l’abiura, il presente, nella figlia studiosa che sostiene le scoperte di Galileo anche in contrasto con le idee concrete e terrene della madre che percepisce anche se morta, si arriva al futuro, interpretato da tutti i personaggi: Galileo ha aperto gli occhi sulla piccolezza del Mondo davanti al Sole, rovesciando ogni parametro. Da questo squilibrio e dalla sua piccolezza l’uomo dovrebbe partire, per ristabilire una partenza comunitaria e unita nell’affrontare la Vita. Un augurio (“Più Luce!” le ultime parole di Galileo) con cui lo spettacolo lascia gli spettatori, senza dare risposte ma descrivendo appieno la fragilità umana e allo stesso tempo la sua forza data dalla curiosità inarrestabile e dalla fortuna (almeno teoricamente) di avere a disposizione il Mondo.

INFO.Piccolo Teatro Strehler, Largo Greppi 1

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16.DURATA: 1 ora e 30 minuti circa

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org

Consigli per prima o dopo lo spettacolo

  • La Libera

    Nel 1979 Italo Manca, ex marinaio di lungo corso, sempre elegante con i suoi grandi baffi, sigaro cubano Curchill e completi di stile ingleseapre (allora con il proprietario della Trattoria Vittoria) “La Libera”, una birraria con cucina, ossia una trattoria dove gustare piatti prevalentemente a base di birra, accompagnati dalle migliori birre del nord europa. Ancora oggi è possibile trovare in alcuni momenti in menu lo storico risotto alla birra, Il LiberatoIl menù propone specialitá regionali lombarde a base di carne e di pesce. Italo Manca è ancora proprietario della Libera, oggi con Gino Narducci.

    Indirizzo: Via Palermo, 21, 20121 Milano

    Telefono: 028053603

    Website: https://lalibera.it/it/menu/

  • Bar del Piccolo Teatro Strehler

    L’aperitivo è possibile. Il servizio è professionale, e si offrono anche panini e toast oltre alla combinazione vino, patatine e noccioline (6 euro). Il Teatro Strehler però non è il luogo migliore per godersi un aperitivo pre spettacolo. Essendo infatti il bar molto vicino alla sala, è possibile accedervi solo quando questa viene aperta al pubblico. Inoltre non ci sono tavolini con sedie, si può stare solo al bancone o su tavoli alti per appoggiare il bicchiere. Ad ogni modo siamo a due passi da Corso Garibaldi dove non manca la scelta di luoghi per aperitivo e cena.

    Indirizzo: Largo Greppi, 1, 20121 Milano

  • Dumpling Mywei

    perfetto se cercate un posto poco dispendioso, allegro, semplice ma curato nei dettagli (ad esempio è quasi perfettamente accessibile). Locale quindi piccolo ma completo, si trova davvero a pochi metri dalle gradinate che portano al Teatro Strehler. Prima, 8 anni fa, qui c’era solo un bar, gestione cinese. Da due anni e mezzo la stessa famiglia ha convertito la sala in una piccola ravioleria cinese — o dumpling bar, per dirla all’Inglese. Il nome fonde il termine cinese Meiwèi — il cui significato è “delizioso” — con l’espressione inglese My way, a modo mio. Un luogo gestito e frequentato da giovani, per gustare, prima o dopo spettacolo, ravioli cinesi freschi preparati secondo l’antica tradizione, ma ogni volta sempre diversi. Aperti tutti i giorni dalle 11:30 alle 15:30 e dalle 18:00 alle 23:30.

    Indirizzo: Via Rivoli, 2, 20121 Milano

    Telefono: 3737538973

    Website: https://www.myweibar.it/

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