Shakespeare e il “grande pasticcio filologico” della sua storia editoriale

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Oltre il sipario

Pubblicato Maggio 6, 2025

Testi di e su William Shakespeare in mostra alla Kasa dei Libri, @KasadeiLibri
Testi di e su William Shakespeare in mostra alla Kasa dei Libri, @KasadeiLibri

Alla Kasa dei Libri ha inaugurato ieri sera la mostra che analizza tutti i vari modi in cui il Bardo è stato inteso e pubblicato nei secoli, dal 1600 ad oggi

Parlare di William Shakespeare attraverso la sua storia editoriale “è un grande pasticcio filologico” dichiara spiazzante Andrea Kebaker proprio mentre ci appropinquiamo a visitare la mostra che ha aperto oggi, 6 maggio, Lo Shakespeare che non ti aspetti, alla sua Kasa dei libri, dove prosegue fino al 13 giugno. “Lui muore nel 1616 -dando per assunto che Shakespeare sia esistito-, e, se non consideriamo l’ipotesi che fosse italiano (nella figura di Giovanni, John, Florio n.d.r), allora di pubblicato c’è già parecchio per l’epoca, più di una dozzina di opere teatrali -spiega il professore, scrittore, critico. collezionista di libri nonche’ fondatore della Kasa di cui è direttore artistico-, ma sono tutti in forma anonima: più simili a dei canovacci”. Testi diversi tra loro: “Però due attori di Shakespeare nel 1623 ne pubblicano l’opera omnia a cui noi anche oggi facciamo riferimento”, è esposta in mostra. “Noi ne abbiamo una versione non originale”.

Le autentiche sono raccolte a Washington, in Usa, nella Folger Shakespeare Library. Creata da Henry Clay Folger e sua moglie, Emily Jordan Folger, riunisce tutte le prime versioni di tutte le opere shakesperiane “Perché nel 1600 era normale che ogni ristampa avesse delle modifiche: la collezione permette studi e paragoni” spiega sempre Kerbaker.

Ecco che il “grande pasticcio filologico” descritto alla Kasa comincia a delinearsi come tale: del resto, al momento della morte di Shakespeare, i libri pubblicati non erano stati curati da lui di persona: le compagnie infatti, non consentivano la stampa dei copioni usati a teatro, che erano in copia unica, e gli editori dovevano accontentarsi di testi recuperati avventurosamente e spesso in modo non del tutto onesto. Va da sé che di illustrazioni nelle pagine non ne circolava alcuna, solo qualche ritratto del Bardo, e così rimane per tutto il corso del Seicento. “Erano libri costosi, grandi, tutti scritti. E all’estero in quel tempo non ci sono traduzioni di Shakespeare in alcuna lingua”.

Le prime figurazioni sui testi shakesperiani sono del 1700: solitamente erano disegni realizzati durante la rappresentazione, testimonianze dirette, e poi rielaborati. “O si trovano classiche stampe, ma sono piuttosto modeste, spesso anonime” continua Kerbaker. Insomma, dalla mostra esce un mondo editoriale che resta agli inizi fino al 1800. E poi Shakeapeare era patrimonio inglese, il resto del mondo pressochè lo ignorava: “Quando Vincenzo Monti, all’inizio del XIX secolo, traduce pari pari dei versi del Bardo e dice di averli scritti lui, la fa franca per 100 anni. Si accorge dell’illecita appropiazione il mio bisnonno, che conosceva bene molte lingue. Sente i versi in italiano, sospetta non fossero di Monti, controlla e si accorge che li aveva plagiati pari pari ” spiega il professore.

Una mostra frutto di una lunga ricerca, che avanza nei secoli e riunisce libri di tutte le tipologie e le lingue, da 17 paesi diversi: polacchi, turchi, svedesi, spagnoli, francesi, portoghesi e non solo, a dimostrare come Shakespeare nel corso del tempo sia diventato patrimonio culturale di tutti. Ecco perché anche nell’esposizione i materiali presentati sono raggruppati per titolo, non per epoca storica.

Fino al 1900, quando la rispettosa, referenziale quasi, iconografia del Bardo inizia a diventare più varia: si diffondono volumi dedicati ad opere singole con annesse illustrazioni, a colori, in cui la vena artistica dell’illustratore è libera di esprimersi autonomamente.

Nel Dopoguerra ecco che Shakespeare diventa un fenomeno pop: gli anni Sessanta sono quelli della minigonna, della rivoluzione: “nelle case editrici iniziano a cambiare i gusti. Si abbandona il ritratto del Bardo, e ci si muove verso qualcosa di più moderno, innovativo -continua Kerbaker-. Il disegnatore più noto si chiama David Gentleman: per ogni opera di Shakespeare delle più celebri realizza una copertina ad hoc”. La differenza rispetto a prima è che ora l’artista può interpretare una sua visione del Bardo: “Ora ci si sente più vicini a sua opera, e si conosce di più anche la parte comica”. Shakespeare è sdoganato: lo si usa anche in pubblicità, e si adotta registro più libero nel curarne la pubblicazione, “sempre nel rispetto completo dei contenuti” conclude Kerbaker. Lo testimoniano anche le carte da gioco, i segnalibri nelle bustine da te  degli anni ’30, e poi i gadget dei giorni nostri come la tazza che riporta gli insulti più noti dei testi shakesperiani, o le illustrazioni con Topolino e Minnie in viaggio nei luoghi più noti delle opere di Shakespeare.

La tazza con gli insulti più noti dei testi shakesperiani, @kasadeilibri

“Gli italiani sono indietro in questo approccio editoriale libero all’opera shakesperiana -conclude Kerbaker-. Ci dobbiamo spostare nel teatro di regia: qui Giorgio Strehler riesce a rileggere Shakespeare in modo innovativo e contemporaneo”. E si arriva all’ultima delle tre sale d’esposizione: quella che racconta la vita di Shakespeare nel mondo dello spettacolo, in particolare nel cinema: oltre a dei manifesti cinematografici originali, vengono proiettati spezzoni di tanti dei migliori attori e attrici del mondo, da Al Pacino a Judy Dench.

INFO.Kasa dei Libri, Largo De Benedetti 4, 20124 Milano

mostre@lakasadeilibri.it – 02.66989018

ORARI: Lunedì-sabato ore 15-19

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