Raccontare il dolore degli altri dopo averlo ascoltato e fatto proprio: Lee Jeffries, il fotografo inglese in mostra al Diocesano

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Oltre il sipario

Pubblicato Febbraio 1, 2023

La scelta di approfondire le vite senza apparente riscatto: "L'autore ha conosciuto ogni singolo soggetto che ritrae, a volte ha anche dormito con lui per strada" dice Barbara Silbe, curatrice.

La prima cosa he colpisce è che sono quasi tutte persone senza un cognome. E molto spesso il loro nome (quello che si trova nella didascalie) è quello della città in cui sono stati ritratti: come “LA”, le due lettere che porta anche sul cappello a visiera l’uomo immortalato nella città americana da Lee Jeffries, il fotografo inglese (Bolton, UK, 1971) di cui ha inaugurato lo scorso 27 gennaio, fino al 16 aprile, una personale “L’anima oltre l’immagine” al Museo Diocesano Carlo Maria Martini

credit @Museo Diocesano

Il secondo aspetto che rimane immediatamente impresso di questa mostra, densa e violenta a suo modo, è la sporcizia di quasi tutti gli altri protagonisti fotografati. Lady B a parte, infatti, la signora ingioellata che fa parte di un’altra serie dedicata alle Ladies inglesi, tutti gli altri ritratti della mostra al Diocesano hanno le mani nere, unghie lunghissime, capelli o barbe spettinati e incurati. Una scena disperata? Non propriamente: Jeffries ha scelto di ritrarre non tanto la povertà, ma le persone nullatenenti. Una differenza sottile, ma che sta ad indicare il modo con cui il fotografo si è mosso: per le strade delle grandi metropoli europee o statunitensi è andato a cercare le anime lasciate sole, ognuna con la sua vita e la sua storia. Protagonista della scena di Jeffriesc è l’umanità, non solo la povertà.

La mostra è a cura di Barbara Silbe che, in questo caso con Nadia Righi, conferma la sua sensibilità verso una fotografia che sia portavoce di una profonda umanità: come era avvenuto anche con la personale di Livio Senigalliesi (chiusa lo scorso 8 gennaio sempre al Diocesano), ciò che l’obbiettivo coglie e che alla curatrice interessa mostrare è la forza della vita, che cerca di resistere davanti ad ogni situazione, anche la più disperata che si possa immaginare. Una mostra quindi per mettersi il cuore in pace e rassicurarsi sul fatto che anche i poveri possono sorridere? Certo che no. E il video, che racchiude oltre alle fotografie anche certe dichiarazioni di Jeffries e approfondimenti su suo linguaggio, lascia sconvolti dopo aver visto anche tutte le fotografie: l’eroina, la prostituzione, l’avere solo la strada come superficie in cui sdraiarsi, sono verità inconfutabili. 

Credit @MuseoDiocesano

“Per realizzare ritratti fotografici potenti come questi – ricorda Barbara Silbe -, ancor prima della competenza tecnica o della visione artistica occorrono due requisiti fondamentali: la vicinanza e l’empatia con i soggetti. Le inquadrature di Lee Jeffries spiegano da sole quale sia l’approccio con il quale interagisce coi senzatetto o con le persone in genere: nulla di superficiale, di rubato in velocità restando a distanza, ma un obiettivo corto e un approccio volto a costruire con ciascuno di loro un rapporto che vada ben oltre l’istante decisivo dell’immagine finale che noi vediamo appesa”. Ciò che emerge dalla mostra, infatti, è che l’artista ha l’abitudine di avvicinarsi e di parlare con le persone che trova in condizioni difficili. Chiede di raccontarsi, acquisisce la loro fiducia e solo dopo inizia a scattare. Se sono d’accordo. Nel rispetto della vita, e nella speranza forse anche di un cambiamento in positivo. “L’autore – continua Barbara Silbe – ha conosciuto ogni singolo soggetto che ritrae, lo ha frequentato a lungo, a volte ha dormito con lui per strada, lo ha spesso aiutato, ben prima di inquadrarlo. In qualche modo lo aspetta, attende il tempo necessario al sorgere di quella fiducia reciproca grazie alla quale entrambi abbassano le difese per comunicare. I suoi personaggi emergono dal buio profondo, inondati da una luce teatrale, quasi caravaggesca, che restituisce ogni segno sulla pelle, ogni dolore racchiuso nel profondo dell’anima. Anche i contrasti così marcati, materici, della sua postproduzione, gli servono a svelare il mistero sull’essere umano”.

INFO: 

LEE JEFFRIES. Portraits. L’anima oltre l’immagine. Milano, Museo Diocesano Carlo Maria Martini (p.zza Sant’Eustorgio, 3)

Orari: martedì- domenica, 10-18; chiuso lunedì

T. +39 02 89420019; www.chiostrisanteustorgio.it, FB @MuseoDiocesanoMilano, IG @museodiocesanomilano, Twitter @MUDIMilano, Spotify MuDiMi – Museo Diocesano Milano, Youtube Museo Diocesano Milano, #MuseoDiocesanoMilano #MuDiMi #LeeJeffriesMilano

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