Donne forti, che arrivano speranzose in America dal Giappone e qui poi vengono dimenticate

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Recensioni

Pubblicato Novembre 30, 2025

credit @lailapozzo

All'Elfo Puccini la storia di emarginazione femminile per la regia di Cristina Crippa e Elio De Capitani

Il libro, Venivamo tutte per mare, di Julie Otsuka, è integralmente rispettato e recitato: una sorta di discorso indiretto libero, di cronaca, di testimonianza di un fatto realmente accaduto. Al Teatro Elfo Puccini fino al 21 dicembre è in scena il libro dell’autrice americana di origini giapponesi è restituito pari pari in tre dimensioni da Cristina Crippa, Elena Russo Arman e Carolina Cametti, tre attrici dell’Elfo.

La Otsuka, a sua volta figlia di immigrati nipponici negli Usa, racconta la vita delle cosiddette “spose in fotografia”, ovvero donne che partivano dal Giappone per andare negli Stati Uniti a raggiungere in matrimonio ragazzi connazionali a loro volta partiti per l’America prima di loro e qui già stabilizzati. Sarà che in Giappone i matrimoni sono tutt’ora spesso un fatto combinato a tavolino, anche nello spettacolo le ragazze non sono preoccupate dal fatto sentimentale delle loro partenza e vita nuova. E si assiste a ciò nella prima parte, quando le tre protagoniste sono sulla nave che le sta portando in America: si parla della sistemazione in cucce/brandine, si affrontano emozionate gli interrogativi dell’uomo che le attende. Non c’è spazio per la paura: ansia, ma non timore. In questo clima sostanzialmente di scoperta e nuova vita si svolge anche il racconto della loro integrazione in America tra lavoro come domestiche nelle case di altre signore statunitensi e il tempo libero, che avviene nel rispetto delle reciproche distanze.

Fino all’attacco a Pearl Harbour e lo scoppio della guerra: un fattore esterno che trasforma ogni giapponese, anche i giovani che sono a pieno titolo cittadini americani, in un potenziale nemico. Applicando l’Alien Enemies Act (una legge del 1798) intere comunità, su ordine del Presidente Franklin Deano Roosevelt, vengono costrette ad abbandonare le loro case e le loro attività, a svenderle e abbandonarle in preda a sciacallaggio e rapina, per essere trasferite in campi in località isolate e desertiche. Anche chi sopravvive, chi si adatta e organizza per resistere, anche chi fa ritorno, avrà la vita dolorosamente spezzata.

La storia viene restituita in questo spettacolo in modo sintetico, ma preciso e senza sbavature. In una scenografia non invadente ma che trova escamotage molto teatrali e graditi (come il fumo bianco per rendere la foschia sulla nave), che aiuta le attrici nella descrizione di una vita che parte nella certezza di una nuova scoperta positiva e si trasforma in emarginazione e persino reclusione. “I giapponesi sono scomparsi dalle nostre città”: dicono le tre attrici indossando, nel secondo tempo, abiti di tre signore statunitensi. Al loro posto ecco “i negri”.

E forse l’accento più significativo è proprio come questa segregazione dovuta a motivazioni storiche estranee alle giapponesi in Usa sia stata poco testimoniata e raccontata: “una storia disperata e violenta, troppo poco nota, drammaticamente simile a tanti accadimenti della realtà odierna” dicono dall’Elfo. Per uno spettacolo piacevole, a volte in po’ poco energico, che racconta l’enesima storia di emarginazione femminile passata sotto silenzio.

DURATA: 1 ora e 35 minuti

Teatro Elfo Puccini, sala Fassbinder, corso Buenos Aires 33, Milano

Prezzi: intero € 38/34 | <25 anni € 15 | >65 anni € 20 | online da € 16,50

Biglietteria: tel. 02.0066.0606 – biglietteria@elfo.org – whatsapp 333.20.49021

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