Come in tanti “tableau vivant” gli attori di “Pupo di zucchero” compongono una danza che è un inno alla vita, e alla morte

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Recensioni

Pubblicato Aprile 14, 2023

Emma Dante firma la regia e la riscrittura drammaturgica del testo di Giambattista Basile, autore secentesco: tradizioni antiche per aprire gli occhi sull'immanente fragilità umana

Pupo di zucchero, al Teatro Studio Melato fino al 23 aprile, è un gioiellino. La riscrittura drammaturgica del testo, come la regia e i costumi sono tutti firmati da Emma Dante, la regista palermitana classe 1967 madre di un teatro che non lascia sconti o mezzi termini. Di volta in volta può piacere o meno la presa di posizione esplicita dell’artista, di certo è difficile che si esca da un suo spettacolo senza un’impressione, se non un parere, chiaro.

Per Pupo di zucchero è un’ora che vola, persi nella bolla della fantasia. Lo spettacolo, produzione Sud Costa Occidentale in coproduzione con Teatro di Napoli – Teatro Nazionale, Châteauvallon-Liberté scène nationale, ExtraPôle Provence-Alpes-Côte d’Azur, Teatro Biondo di Palermo, La Criée – Théâtre National de Marseille, Festival d’Avignon, anthéa antipolis théâtre d’Antibes, Carnezzeria, è liberamente ispirato ad una fiaba delle 50 che costituiscono Lo cunto de li cunti overo lo trattenemiento de peccerille, un sorta di Decameron di Boccaccio scritto da Giambattista Basile in lingua napoletana nel XVII secolo (anche a storia di Cenerentola è ispirata a questa raccolta di fiabe, il titolo originale è La gatta Cenerentola).

La scena è vuota, come a lasciare tutto lo spazio ai sogni, che non hanno bisogno di un ambiente in cui nascere: in mezzo alla scena un vecchio (Carmine Maringola) “ ’nzenziglio e spetacchiato” (raggrinzito e spelacchiato”) impasta una grossa palla di farina acqua e zucchero: sono gli ingredienti del “Pupo di zucchero”, il dolce tipico che, nella tradizione meridionale, i vivi offrono ai defunti che sono venuti a trovare coloro che sono rimasti. A partire da questo ambiente essenziale e mistico poco alla volta compaiono elementi che aiutano ad abbandonarsi alla profondità e alla simbologia che in ogni frammento di questo spettacolo viene espressa. La casa di riempie di ricordi (o di spiriti): le tre sorelle Rosa, Primula e Viola (Nancy Trabona, Federica Greco, Maria Sgro), tutte vestite di nero che si muovono danzando sulla scena. Poi una signora anziana, mammina, la madre delle ragazze, “una vecchia dal core tremmolante” (Stephanie Taillandier), e il giovane padre (Giuseppe Lino). Poi c’è Pedro (Sandro Maria Campagna), che si strugge d’amore per Viola; lo zio Antonio (Valter Zarzi Sartori) e zia Rita (Martina Caracappa) “che s’abboffavano ’e mazzate”; e Pasqualino il figlio adottivo.

Pupo di zucchero, credit @IvanNocera
Pupo di zucchero, credit @IvanNocera

Ma non c’è veramente bisogno di conoscere i nomi delle figure che compongono la scena o con quale legame siano collegati alla famiglia: una volta che si dà il via alla comparsa di questi protagonisti, più anime che personaggi, lo spettacolo si trasforma come in un balletto magico. Appaiono, spariscono, gesticolano, in una drammaturgia in cui la lingua è soltanto un elemento, elegante e indecifrabile come puro significato di parole. Diventa una nota che si aggiunge a questo quadro animato, in cui gli attori con ammirevole precisione diventano come spiriti, che cadono a terra e si rialzano in una danza che appare allo stesso tempo come un inno alla vita e alla morte.

Nel frattempo il “Pupo di zucchero” è pronto, e viene mostrato in un finale che lascia col fiato sospeso: negli ultimi quadri ogni personaggio compare con un manichino (sculture di Cesare Inzerillo), che ricorda inesorabilmente quelli di Tadeusz Kantor ne “La Classe morta”, del resto l’artista polacco è uno dei riferimenti della Dante. E di fatto il senso è più o meno lo stesso: l’essere vivente è simboleggiato dalla sua copia defunta, che si porta in braccio. Mentre il “Pupo di zucchero”, inanimato, è ciò che i vivi hanno realizzato e che si pone in dialogo con defunti, presenti in carne e ossa tra noi in scena.

Pupo di Zucchero, credit @IvanNocera
Pupo di Zucchero, credit @IvanNocera

Info.

Piccolo Teatro Studio Melato (via Rovello, 2 – M2 Lanza)

Durata: 60 minuti senza intervallo

Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo.

Prezzi: platea 33 euro, balconata 26 euro

Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org                                     

Consigli per prima o dopo lo spettacolo

  • Bar del Teatro Studio

    Esiste in teatro un piccolo bar che offre principalmente caffè e bevande. si può fare un aperitivo tranquillo senza pretese.

    Indirizzo: Via Rivoli, 6, 20121 Milano

  • Dumpling Mywei

    Perfetto se cercate un posto poco dispendioso, allegro, semplice ma curato nei dettagli (ad esempio è quasi perfettamente accessibile). Locale quindi piccolo ma completo, si trova davvero a pochi metri dalle gradinate che portano al Teatro Strehler. Prima, 8 anni fa, qui c’era solo un bar, gestione cinese. Da due anni e mezzo la stessa famiglia ha convertito la sala in una piccola ravioleria cinese — o dumpling bar, per dirla all’Inglese. Il nome fonde il termine cinese Meiwèi — il cui significato è “delizioso” — con l’espressione inglese My way, a modo mio. Un luogo gestito e frequentato da giovani, per gustare, prima o dopo spettacolo, ravioli cinesi freschi preparati secondo l’antica tradizione, ma ogni volta sempre diversi. Aperti tutti i giorni dalle 11:30 alle 15:30 e dalle 18:00 alle 23:30.

    Indirizzo: Via Rivoli, 2, 20121 Milano

    Telefono: 3737538973

    Website: https://www.myweibar.it/

  • La Libera

    Nel 1979 Italo Manca, ex marinaio di lungo corso, sempre elegante con i suoi grandi baffi, sigaro cubano Curchill e completi di stile ingleseapre (allora con il proprietario della Trattoria Vittoria) “La Libera”, una birraria con cucina, ossia una trattoria dove gustare piatti prevalentemente a base di birra, accompagnati dalle migliori birre del nord europa. Ancora oggi è possibile trovare in alcuni momenti in menu lo storico risotto alla birra, Il LiberatoIl menù propone specialitá regionali lombarde a base di carne e di pesce. Italo Manca è ancora proprietario della Libera, oggi con Gino Narducci.

    Indirizzo: Via Palermo, 21, 20121 Milano

    Telefono: 028053603

    Website: https://lalibera.it/it/menu/

  • Pandenus Bistrot

    Chissà se Ramazzotti ci è andato da quando il suo ex Resentin, il locale in via Mercato 24, è stato rilevato nel 2018 dalla società Hotel Pandenus, controllata a sua volta dalla holding Bretzel proprietaria del marchio fondato da Filippo Lecardane. Il Resentin aveva chiuso nel 2014, ma Ramazzotti era rimasto proprietario dei muri cedendo l’attività a Crocetta, il locale (di un suo amico) noto in città per i suoi veramente ottimi panini in corso di Porta Romana 67. Da quando la gestione è della catena che attualmente ha locali anche in Gae Aulenti, Melzi d’Eril, Largo La Foppa, piazza Vetra, corso Concordia e via Tadino, chiaramente ha perso un po’ dell’autenticità e del sapore del rapporto vero tra cliente e gestore. Si tratta più di un’amministrazione tecnica che sta molto, molto, troppo (?) attenta alle entrate più che a cercare una affiliazione con chi si reca nel locale. Al punto che, quando ci siamo andati, abbiamo perso ben due volte tempo a dimostrare che il gruppo non aveva intenzione di truffare il ristorante senza pagare alcune quote. Con foto e scannerizzazioni di scontrini, risalendo anche ad errori del locale (che una volta aveva stampato un prezzo superiore a quello effettivamente consumato) abbiamo dovuto dimostrare la nostra onestà di clienti. E  perdipiu’ il controllo interno della sicurezza è totalmente assente: la seconda delle due sere in cui siamo andati al Pandenus di via Mercato una signora del nostro gruppo ha subito il furto della sua borsa. La gestione non ha dimostrato alcun interesse nell’aiutarla nella ricerca, ne’ si è assunta la minima responsabilità dell’accaduto. Come se il furto non fosse avvenuto nel loro locale.  Ovviamente, data la sfiducia dimostrata verso di noi come ladri e, paradossalmente, il furto subito proprio da una persona del nostro gruppo, non torneremo mai più. Peccato, perché la cucina, che in via Mercato ha come chef Enrico Bartolini, propone buoni piatti di ricette tradizionali italiane. Compresa la pizza, il risotto giallo e pastasciutta di vario tipo. A prezzi che, tra l’altro, sono perfettamente nella norma per un locale del centro. Non viene neanche in mente di alzarsi senza pagare!

    Indirizzo: via Mercato 24

    Telefono: 028693391

    Email: mercato@pandenus.it

    Website: https://www.pandenus.it/it/store/pandenus-via-mercato-24/

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