Al Piccolo Teatro: Anatomia di un suicidio, mancato
Di Marta Calcagno BaldiniCategoria Recensioni
Pubblicato Marzo 4, 2023

La nuova produzione del gruppo associato "lacasadarglla" risulta retorica e scontata. Il testo della giovane drammaturga inglese Alice Birch risulta superato e non riesce nello scopo di raccontare la realtà attuale, che pure il Piccolo si prefigge
La giovane (classe 1986) eppure già pluripremiata autrice inglese Alice Birch è il porto (sicuro, dati i riconoscimenti) in cui il Piccolo Teatro approda quando esprime la volontà di “offrire risposte stimolanti alla sfida della complessità lanciata dalla multidimensionale mappa del nostro oggi e delle sue realtà” come dice Claudio Longhi, direttore artistico del Piccolo parlando di “Anatomia di un suicidio”, il nuovo spettacolo in scena per la prima volta in Italia fino al 19 marzo al Piccolo Teatro Grassi, via Rovello 2.
Uno spettacolo di lacasadargilla, uno degli “artisti associati” del Piccolo. Essere un “artista associato” significa rientrare nel gruppo dei 15 artisti italiani e internazionali con cui, a partire dalla stagione 2021/22, il Piccolo ha avviato un dialogo nella direzione di una nuova idea di teatro: una progettualità dinamica che fa del Piccolo una “casa” di artisti vari. Nello specifico lacasadargilla si riunisce intorno a Lisa Ferlazzo Natoli – autrice e regista –, Alessandro Ferroni – regista e disegnatore del suono –, Alice Palazzi – attrice e coordinatrice dei progetti – e Maddalena Parise – ricercatrice e artista visiva –, ed è un gruppo mobile di vari ulteriori attori, musicisti, drammaturghi, artisti visivi: si tratta insomma di un ensemble allargato a diverse competenze e linguaggi che lavora su spettacoli, istallazioni, progetti speciali e curatele.
Ecco perchè “Anatomia” è un lavoro di tecnologia e parola, di stretta vicinanza tra abilità attoriale e supporto tecnico scenografico. Per un testo che è come uno spartito diviso in tre ambienti simultanei che convivono in un solo spazio. Le storie da raccontare e che si intersecano, infatti, sono appunto tre: una madre, una figlia, una nipote. La Birch “ha scritto questo testo di notte, aveva appena partorito. È un lavoro che mette le mani sulle relazioni sociali e famigliari” dice sempre la Ferlazzo. Tutte e tre le donne si trovano in una casa, la loro casa di famiglia: si parlano attraverso il tempo. Grande protagonista sulle tre vite che si raccontano è la morte: due suicidi e una sterilizzazione, per riflettere sul concetto di generazione e di identità.

Certo, un conto è parlare di complessità del reale, un conto è parlarsi addosso. E definire “Anatomia di un suicidio” “un testo ‘non miso-biotico’ “, come anche ha detto sempre Claudio Longhi, e che parla di tre esistenze “in modo diacronico” sembra portarci dritti dritti verso uno spettacolo esplicitamente autoreferenziale. Altro che di spiegazione “del nostro oggi”.
Prima di giudicare, però, bisogna vedere. E così eccoci davanti a una scenografia, di Marco Rossi, che prevede tre porte. Davanti a ciascuna di queste si svolge, contemporaneamente (o “diacronicamente”, per dirla come Longhi) in scena, una vita (“bios”, in greco). Le protagoniste sono Carol (Tania Garribba), Anna (Petra Valentini) e Bonnie (Federica Rossellini): 1972-1993, 1999-2004 e 2022-2041 gli archi temporali delle loro esistenze. Carol è depressa: cerca di resistere, di farsi amare dal marito e di trasmettere alla figlia Anna un’educazione. Ma cede, nel suicidio che da anni la tentava. Anna è forse la più tormentata: eroinomane, schiacciata dal suicidio della madre, cerca di combattere la sua dipendenza dalla droga e di costruirsi una vita. Ma già durante la gravidanza e poi alla nascita di Bonnie la sua vita perde senso per lei, è troppo da sopportare, da gestire, da vivere appunto. Si uccide. Ed ecco la terza, la nipote e la figlia, che sente il peso di queste vite interrotte nel suo cuore. È medico, è omosessuale, cerca un amore. Ma non vuole più essere portatrice di vita: si fa sterilizzare. Compie una sorta di omicidio interiore, blocca una parte di sé.
Bravi tutti gli attori, i costumi sono firmati da Anna Missaglia; il disegno luci è di Luigi Biondi, i paesaggi musicali di Alessandro Ferroni e il sound design di Pasquale Citera; la cura degli ambienti video di Maddalena Parise e la drammaturgia del movimento di Marta Ciappina. Ma, di tutta questa professionalità, in un certo senso si potrebbe fare anche a meno. La drammaturgia è retorica e, neanche a farlo apposta, risulta perfettamente proprio “miso-biotica” (ostile alla vita).
Informazioni
Durata: 3 ore compreso intervallo
Orari: martedì, giovedì e sabato, ore 19.30; mercoledì e venerdì, ore 20.30; domenica, ore 16. Lunedì riposo.
Prezzi: platea 40 euro, balconata 32 euro
Informazioni e prenotazioni 02.21126116 – www.piccoloteatro.org