Al Leonardo un Amleto troppo asciutto: D’Elia rilegge Shakespeare per portare alla luce il tema della fragilità del ricordo
Di Marta Calcagno BaldiniCategoria Recensioni
Pubblicato Ottobre 25, 2024
In una scena astratta lo spettacolo spopola l'integrità della storia per proporne una nuova visione
Fino a che punto si può stravolgere un autore, soprattutto se si chiama William Shakespeare? Quanta libera interpretazione può avere un regista davanti a una drammaturgia non sua? Qual è lo scopo di una rilettura: far comprendere meglio l’autore originale o stravolgere l’opera in nome di una supposta attualizzazione? Lo chiediamo a Corrado D’Elia, che porta in scena al Teatro Leonardo, fino al 27 ottobre, il suo Amleto. In una scena che sembra una scatola bianca dalle pareti lisce si svolge, o meglio si accenna, la vicenda dell’Amleto di Shakespeare: “con questo Amleto -dice D’Elia sul suo spettacolo- invitiamo il pubblico a riflettere sulla fragilità del ricordo e sulla necessità di raccontare, condividere, e vivere attivamente la memoria”. Sì, perché prima di morire Amleto dice all’amico Orazio: “Racconta di me e della mia causa, non dimenticare”.
La causa è, per Amleto, la vendetta della morte del padre, il Re di Danimarca. E’ alla base della tragedia shakesperiana: Claudio, fratello del re e zio di Amleto, uccide il maggiore suo consanguineo e sposa Gertrude, madre di Amleto, perché ambisce al trono e al potere. Il Re morto, però, appare come fantasma al figlio e lo invita a riscattare il suo involontario sacrificio. Questi agisce, e, in nome del padre, uccide tutta la famiglia, per poi morire lui stesso. Ecco che, per Corrado D’Elia, o spettacolo si spoglia di una trama già a molti nota e diventa una riflessione quasi astratta, onirica, sui temi della forza della memoria contro la perdita d’identità e di senso: “Il teatro diventa così un atto di resistenza contro l’oblio- dice il regista, anche attore protagonista in scena nel ruolo di Amleto-, un modo per tenere viva la storia e per far sì che ciò che siamo, ciò che amiamo, e ciò che temiamo, non si perda nel caos del tempo. Siamo noi, spettatori e narratori, a dover custodire e tramandare le memorie, perché nessuna macchina, per quanto perfetta, può sostituire il cuore umano nel compito di ricordare”.
Tema interessante, ma, paradossalmente, per restituirlo, D’Elia ha stravolto l’Amleto rendendolo quasi irriconoscibile: la drammaturgia è asciugata e privata quasi della narrazione e la consequenzialità degli eventi. Una serie di momenti, fotografie, immagini astratte ne ripercorrono gli attimi salienti mettendoci come davanti a una serie d flash. Che avvengono in un ambiente unico, senza richiami, come per ricostruire solo il senso della solitudine del protagonista shakesperiano, ma non la sua lotta, la sua pazzia provocata dall’incomprensione e l’abbandono. Attraverso questa serie di situazioni che si susseguono D’Elia vuole porgere una denuncia e un invito, “a lottare contro l’inevitabile sbiadire dei ricordi, usando il teatro come strumento per preservare l’essenza delle nostre vite, delle nostre emozioni, e delle nostre storie”.
Un nobile intento, ma non arriva in modo chiaro al pubblico, che non si orienta nella serie di flash che vengono proposti e che spopola l’integrità della storia shakesperiana dalle vie, dai sentimenti dagli intrecci che vivono nel dramma originale aggiungendo e evidenziando il senso finale proprio della vendetta necessaria in nome della memoria.
DURATA: 90 minuti
INFO: Teatro Leonardo, via Ampere 1
www.mtmteatro.it, biglietteria@mtmteatro.it – 02.86.45.45.45
ORARI: giovedì/sabato ore 20.30 – domenica ore 16.30
PREZZI: intero € 30,00 – convenzioni € 24,00 – ridotto Arcobaleno (per chi porta in cassa un oggetto arcobaleno) € 24,00 – Under 30 e Over 65 € 17,00 – Università € 17,00 – scuole di Teatro € 19,00 – scuole civiche Fondazione Milano, Piccolo Teatro, La Scala e Filodrammatici € 11,00 – Scuole MTM € 10,00 – ridotto DVA € 15,00 tagliando Esselunga di colore ROSSO
Consigli per prima o dopo lo spettacolo
Al’Less
Una cucina di stile rustico e nutriente, con grande preferenza di piatti a base di carne e con la specialità del lesso (a partire dal bollito misto, con tutti i principali tagli di carne e tutte le salsine classiche come il bagnetto vedre piemontese, la mostarda, il rafano, la pearà veronese). Ma non aspettatevi lo stile di una cascina in campagna: arredi vintage scovati chissà dove, colori e luminosità del locale riportano alla peculiarità che rende il ristorante unico: come per il menù, si reinterpreta a tradizione in modo moderno e innovativo.
Trattoria Sole
Si chiama “Trattoria Sole” perché si scorge lo stabile che ora ospita il ristorante in questione in un fotogramma del film di De Sica “Miracolo a Milano” (del 1951): la scena è quella del raggio luce che scalda per pochi secondi la folla povera e infreddolita. Aarredi vintage cercati con cura e rigore, per sprofondare in quella Milano periferica di cui racconta il film, per gustare ricette della tradizione milanese ma non solo: fusilli al pesto, riso freddo con tonno e capperi, o fusilli con crema al radicchio rosso. Per passare al roast-beef con olio e rosmarino, o alla torta rustica con merluzzo, broccoli e zucchine. Insomma la tradizione lombarda si unisce a quella regionale italiana con spazio per tocchi di fantasia e ispirazioni da tutto il mondo.
Indirizzo: Via Carlo Valvassori Peroni, 41, 20133 Milano
Telefono: 022364182
Baia Chia
Il primo pensiero che viene in mente mentre si è al Baia Chia, ristorante di cucina sarda in via Antonio Bazzini 37, è “qui tornerò”. Ambiente relativamente piccolo (meglio prenotare), una cinquantina di posti in due salette, in cui tutto è affidato alle mani di Donatella, campidanese, che gestisce con poche parole e molta attenzione. Con lei il figlio, un ragazzo intelligente e sensibile, curioso del mondo che ogni sera entra nel suo locale. D’altra parte chi scopre il Baia Chia sente di aver trovato non solo l’autentica cucina sarda, ma anche lo stesso spirito un po’ schivo, percettivo e aperto-ma-con-riserva dell’Isola. Abbiamo assaggiato (tra la prima volta e le altre in cui siamo tornati) un ottimo antipasto di calamaretti fritti, per passare ai culurgiones (ravioli al sugo di pomodoro ripieni di patate e menta), e poi il misto di antipasti sardi, la fregola (una sorta di cous cous in versione sarda), e come dessert, la classica seada (raviolo con formaggio fuso ricoperto di miele), accompagnata da un bicchiere di mirto. Da provare, poi, anche le cozze alla vernaccia e il frittino di calameretti. Non sono parchi nel versare vino, se lo prenderete al calice, consigliamo l’ottimo Vermentino di Gallura. Prezzi decisamente ragionevoli (sui 30 euro a testa).
Indirizzo: via Antonio Bazzini 37
Telefono: 022361131
Email: baiachiaristorante@hotmail.it
La Cuccuma
A pochi minuti a piedi dal Leonardo, è l’ideale per un dopo teatro e non solo perché la cucina chiude a Mezzanotte (e se ci sono gruppi possono anche proseguire), ma anche perché è un ristorante-pizzeria che esiste da 50 anni, e l’esperienza si percepisce subito: gentilezza e cortesia del personale, freschezza degli ingredienti per ricette ischitane-napoletane (del resto “cuccuma” è il nome della moka partenopea). Noi abbiamo assaggiato spigola al forno coi carciofi (per 2) e melanzane, e un fritto napoletano di antipasti. Più un bicchiere di vino (71 euro) Quando lo abbiamo provato c’era seduta affianco a noi una tavolata napoletana, come a conferma della qualità. L’architettura interna ricorda quella di una nave, e la conduzione è famigliare.
Indirizzo: Via Giovanni Pacini 26, 20131, Milano
Telefono: 022664945
Email: info@lacuccuma.it
Website: http://www.lacuccuma.it/