Weekend nell’arte contemporanea: due fiere e una nuova mostra

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Oltre il sipario

Pubblicato Aprile 13, 2024

Disegni di Giacomo Manzù, del 1977, da Coppetti Antiquari al Miart, credit @MartaCalcagno
Disegni di Giacomo Manzù, del 1977, da Coppetti Antiquari al Miart, credit @MartaCalcagno

Dal Miart (deluente, a parte poche chicche) alla Mia Photo Fair (più attuale e stimolante) fino alla mostra su Alessandro Mendini in Triennale, consigli e interviste su quali artisti scegliere

Milano crede nel Miart (www.miart.it)? Spiace riconoscerlo, ma non è la fiera che contraddistingue la città. Appena prima del ben più celebrato, a Milano, Salone del Design e a poche settimane di distanza, ogni due anni dalla celebre Biennale d’Arte di Venezia (che per il 2024 inizierà il prossimo sabato, 20 aprile), cerca di avere pari dignità di queste ultime una Fiera che, invece, poco è in grado di dare una lettura dello stato dei linguaggi dell’arte contemporanea. Da oggi, venerdì 12 aprile, fino al 14, hanno aperto in Fiera Milano Allianz Mico, Padiglione 3, viale Scarampo, le esposizioni di 178 gallerie, da 28 paesi del Mondo (a fronte delle 169 del 2023).

Miart, credit @MartaCalcagno
Miart, credit @MartaCalcagno

Non sono esattamente i numeri che mancano al Miart: oltre mille opere esposte, due nuove esposizioni extra fiera, talks su vari argomenti riguardati molteplici aspetti dell’arte contemporanea da quest’anno si prevedono premi più cospicui per le opere egli artisti vincenti (il Fondo Acquisizione di Fondazione Fiera Milano, istituito nel 2012, da’ un riconoscimento di 100mila euro. Il premio Herno di 10mila ed è per agli stand con il miglior progetto espositivo. Il premio LCA Studio Legale per Emergent, di 4mila euro. Poi c’è la seconda edizione della Fondazione Hernaux Scuplture Commission, che prevede la premiazione di un’opera in marmo e vari altri riconoscimenti).

I problemi sono altri. Tra la sempre rassicurante Lia Rumma, la delicata e raffinata Monica De Cardenas, sono immancabili Giò Marconi e Primo Marella: espongono un trionfo di Campigli, Carla Accardi, Fontana, Rotella, Schifano, Pomodoro, Pitoletto, Ghirri da Repetto, Mazzoleni, Minnini, Cortesi, Russo, Contini, Artemisia, Enrico Baj, Mario Schifano, Giorgio De Chirico. Ecco: nessuno di questi espositori osa, tutti restano appesi al Novecento, rendendo il Miart una fiera di arte moderna e non contemporanea. Non temete di uscire scandalizzati o rapiti, affascinati, sedotti. Questa fiera è una galleria di volti noti e rassicuranti.

Non mancano meraviglie, come i disegni pornografici di Giacomo Manzù, del 1977, da Coppetti Antiquari: sono le raffigurazioni delle notti di sesso dell’artista dedicate all’amata moglie. Esisteva già un primo album sullo stesso tema, che però Manzù distrusse perché troppo ubriaco mentre le realizzava. Da vedere anche le acqueforti di Carl Rama da Cà di Fra, in una fiera che quindi sa offrire qualche rarità (soprattutto quando sono disegni o stampe d’arte), anche se, nel suo complesso, sembra una fiera di antiquariato ed è una raccolta di certezze che dà ben pochi brividi, anche nonostante gli incontri (come i miartalks) e le mostre parallele (come Abbandonare il locale, la prima monografica in Italia dedicata a David Horvitz a cura di Nicola Ricciardi in collaborazione con Bim-dove Bicocca incontra Milano, negli spazi di BiM nel quartiere Bicocca: oltre 20 opere dell’artista americano che ripercorrono quasi 20 anni di carriera).

Di stampo completamente diverso, a pochi minuti d distanza dal Miart, la Mia Photo Fair (www.miafair.it) in via Gattamelata  13, negli spazi Allianz Mico Milano Congressi: qui l’atmosfera è di gran lunga più dinamica e stimolante, internazionale e attiva. Più di 90 gallerie italiane e straniere creano una fiera frizzante e contemporanea a partire dal tema proposto alle gallerie partecipanti, quello del Cambiamento.

“Per me la donna incarna questo potenziale umano” dice Paola Colombari, dell’omonima Galleria. Ecco che, tra gli altri, espone il lavoro di Anna Golubovskaja, fotografa di Odessa (Ucraina): diplomata nel 1986 all’Istituto artistico-teatrale della città, nel 1992 si laurea alla Facoltà di Architettura dell’Accademia Edile di Odessa. Nel 1993 ha fondato a Galleria Liberty, una delle prime gallerie d’arte contemporanea private in Ucraina. Ha esposto a Miano nel 2022 alla Fondazione Stelline la mostra Qui Odessa-Cronache di una città che trattiene il respiro. In fiera un lavoro della Golubovskaja dal titolo Come cambiano il nostro umore e la nostra vita durante la guerra? Risponde un circo ucraino, il Piccolo Circo Viaggiatore, che, nonostante il periodo, ha deciso di continuare a fare spettacolo: “è un modello per il Mondo -dice la Golubovskaja, presente ne giorni di apertura della Mia-. I giovani oggi sono andati a combattere, le donne continuano a lavorare in Moldova, con un uomo che è troppo anziano per fare la guerra: guida il camion”. La Golubovskaja non vuole lasciare l’Ucraina, pur avendo una figlia in Polonia e vari amici in Italia: “non me ne vado da Odessa -dice-. Anche se non ci sono abbastanza rifugi per tutti, in Israele ne hanno di più. Perché sono in guerra sempre. In Ucraina ce ne sono meno: abbiamo 40 secondi per raggiungere riparo. Ogni mezz’ora suona l’allarme: io non ci vado neanche più. Sto fuori, nel parco con la mia cagnolina”. Eppure gli ucraini cercano di mantenere la propria vita, “si esce a fare la spesa, cibo si trova. Molti lavorano, tutto è aperto: si cerca di andare avanti. Anche se la notte non dormiamo, al mattino ci alziamo e andiamo a lavorare”.

Da notare in fiera la presenza di Csac-Centro Studi e Archvio della Comunicazione di Parma, prestigioso archivio di arte, fotografie, disegni di architettura, design, moda e grafica (12 milioni di pezzi), oltre alla mostra Approcci collaborativi,  che vede opere di Gina Pane, Vanessa Beecroft, Ugo Mulas, Luigi Ghirri e tanti altri. Oltre ai due stand della Galleria Blanchert e quelle di Antonio Colombo Arte Contemporanea sono presenti anche gli Stati Uniti con la Galleria Fabrik Projects/Photo Indipendent, di Los Angeles: un ampio spazio con vari artisti diversi (8), americani e un italiano, Michele Castagnetto.

Galleria Blanchaert, Mia Photo Fair, credit MartaCalcagno
Galleria Blanchaert, Mia Photo Fair, credit MartaCalcagno

Per completare un weekend all’insegna dell’arte contemporanea ha aperto ieri mattina in Triennale la mostra Io sono un drago. La vera storia di Alessandro Mendini, che prosegue fino al 13 ottobre 2024: un omaggio di Triennale Milano e Foundation Cartier pour l’Art Contemporain verso l’architetto, designer, artista e teorico che ha segnato le rivoluzioni del pensiero e del costume del Novecento e del nuovo millennio (Milano 1931-2019). Non a caso la mostra si intitola Io sono un drago, a cura di Fulcio Irace con progetto di allestimento firmato da Pierre Charpin – mentre nell’Impluvium, dal 16 aprile al 16 giugno 2024, verra’ presentata l’installazione What? A homage to Alessandro Mendini by Philippe Starck, ideata appunto da Philippe Starck-.

Il percorso espositivo parte dai progetti realizzati dall’artista milanese in Triennale, l’installazione Architettura sussurrante, la mostra Quali Cose Siamo (2010), il Teatro dei Burattini (2015), progettato con il fratello Francesco e collocato nel giardino di Triennale. Con la mostra Fragilisme (2002) alla Fondation Cartier, Alessandro Mendini ha elaborato uno dei concetti fondanti del suo pensiero teorico. Dieci anni dopo è stato invitato a concepire l’allestimento di Histoires de voir, nonché a immaginare opere site-specific e partecipare a mostre della Fondation Cartier in tutto il mondo. “Devo molto a Mendini e alla sua gentilezza  -dice quasi commosso Pierre Charpin alla presentazione della mostra ieri mattina-. Lo incontrai casualmente un giorno nella metropolitana milanese: ho preso coraggio e sono andato a  parlargli. Lui mi ha ascoltato e mi ha chiesto se avevo qualche lavoro da mostrargli. D’allora abbiamo stabilito un rapporto. Quasi 20 anni dopo mi ha chiamato e mi ha proposto di allestire il Museo della Triennale: fu un progetto molto intenso che mi ha fatto entrare ancora di più nel pensiero di Alessandro”. Opere colorate, allegre: “nostro padre era un uomo libero, curioso, sensibile e gentile– dice Elisa la prima figlia, in conferenza ieri-. In questa mostra, noi, come Studio e Archivio, abbiamo cercato di essere di supporto uno stimolo per mostrare aspetti del suo lavoro meno conosciuti e indagati”. Le fa eco Fulvia, la sorella: “Crediamo che un elemento distintivo di questa mostra sia l’aver cercato di raccontare la complessità di una persona come Mendini mettendo sempre al primo piano la persona speciale che era per tutti noi: era un intelligente esploratore della vita e sofisticato plasmatore di realtà”. Come infatti testimoniano le numerose e colorate opere, oggetti, quadri, forme che si trovano in mostra (www.triennale.org).

Panoramica mostra Mendini in Triennale, credit @MartaCalcagno
Panoramica mostra Mendini in Triennale, credit @MartaCalcagno
credit @marta-calcagno
Credit @marta-calcagno

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