Giacomo Poretti: “Il coraggio di riflettere e sperimentare non cè più”

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Festival, Interviste

Pubblicato Luglio 23, 2024

Giacomo Poretti, credit@FedericoBuscarino
Giacomo Poretti, credit@FedericoBuscarino

Dal Teatro Oscar fino al 25 luglio "Cantiere Odissea", la rassegna dedicata alla ricerca drammaturgica e all'esplorazione della periferia est

Sotto il solleone abbiamo intervistato Giacomo Poretti, direttore artistico del Teatro Oscar con Gabriele Allevi, Luca Doninelli. Perché la sala in via Lattanzio 58/A, rinata nel 2019 proprio grazie ai tre, già dal 25 giugno e fino al 25 luglio propone Cantiere Odissea (info. www.oscar-desidera.it/cantiere-odissea/) un palinsesto estivo realizzato con la loro direzione artistica e la direzione drammaturgica di Angela Demattè, autrice, attrice e madre classe 1980 (tra gli altri premio Riccione 2009 con il suo primo testo Avevo un bel pallone rosso). A lei il compito di selezionare i 7 giovani autori per il Festival. Cantiere Odissea rappresenta un lavoro di ricognizione, attraverso la Nuova Drammaturgia e la Musica, di una periferia di Milano, la Zona 4, dove ha sede il Teatro. Certo, ora è lo stesso quartiere della Fondazione Prada e della nuova sede del Touring Club Italiano, ma sono in Zona 4, est di Milano, anche luoghi come Nocetum, la Società Cooperativa Sociale che si dedica a persone in difficoltà ed è nella Valle dei Monaci, alla Porta del Parco Agricolo Sud Milano, senza dimenticare i quartieri complessi di Porto di Mare e il Bosco di Rogoredo.

Quindi Cantiere Odissea è la rassegna che ha deciso di andare a esplorare tutta la zona intorno al Teatro con spettacoli ancora mai visti e in grado di reggere il confronto con la complessità e la multiformità di quelle aree.

Come mai una rassegna proprio quando i teatri chiudono e per di più in periferia e con un cartellone di spettacoli sconosciuti, nuovi?

Certamente è un po’ rischioso come Festival. Del resto il coraggio di fare ricerca non c’è più. È molto più semplice non correre rischi e affidarsi non a nuovi autori o gruppi, ma a drammaturgie già sperimentate e che di sicuro portano pubblico.

Quindi da voi platea sempre vuota?

Al contrario il Cantiere sta funzionando molto bene: siamo molto contenti. Tanto pubblico e soprattutto che apprezza: età media, molto curioso e interessato.

Che impressione avete avuto dei testi che vi sono arrivati?

In realtà ci siamo affidati a Jean Bizzarri e Giacomo Fausti, ragazzi giovani con cui collaboriamo da tempo, che hanno ideato questo percorso chiamato Cantiere Odissea e che li hanno selezionati. Abbiamo dato completamente fiducia a loro, ed è stato anche questo il bello. Li ha poi coordinati Angela Demattè. Comunque conosciamo tutti i giovani che abbiamo scelto.

Dite che avuto poco tempo per raccogliere autori e realizzare spettacoli da quando è nata l’idea di questo festival.

In un certo senso meglio così: gli artisti pensano sempre che il tempo non basti mai. Uno scrittore o uno sceneggiatore starebbero lì sempre almeno un anno: quando scrivi pensi che non sia mai finita.

Tu hai dato il via alla rassegna all’ex Macello, dove poi la chiuderà Gioele Dix: di cosa ha bisogno Milano, come tu stesso ti chiedi nel tuo spettacolo ”Ulisse”, che ha dato il via al Viaggio teatrale nel Municipio 4? È un’indagine e una scoperta del territorio sud-est del capoluogo meneghino tra le sue contraddizioni, le sue ferite ma anche la bellezza che nasconde. Cosa cerca oggi Milano? Avete un’idea più chiara con questo Festival?

Mah, non saprei. Nel senso che Milano offre tante cose. Poi è vero che quando abbiamo aperto il Teatro Oscar noi avevamo proprio l’esigenza di esprimere nuove idee: Milano è un po’ la Capitale in Italia rispetto alla modernità, ma c’è anche bisogno di qualche momento di riflessione. Che il teatro può dare: si va tropo di corsa, troppo affascinati da quel che abbiamo. Che effettivamente è affascinate, ma il teatro e le arti hanno questa funzione di riflettere sul senso dele cose. A noi sembra c sia necessità di riflettere, e questo si fa.

Il teatro forse in particolare ha questo ruolo

Il teatro, sì. Ma poi, posso dire, tutte le arti. A me il teatro piace particolarmente perché è unìarte molto viva, carnale, ci sono i corpi degli attori che parlano e sono davanti ad un pubblico. È bellissimo, straordinario per quello. Però anche la letteratura, la pittura, le arti performative…

Pensando alla vostra Zona 4 dove c’è viale Umbria, la Fondazione Prada, la sede del Touring Club Italiano. Ha senso parlare ancora di periferia?

Oggi le periferie si stano ammodernando, adattando: quello che un tempo era periferico era solo disperante. Oggi sono tante cose messe insieme. In questa zona nascerà anche il Villaggio Olimpico: tante trasformazioni, sia positive che veramente inquietanti, come il Bosco di Rogoredo.

Questa esigenza di uscire dalla sala è anche scaturita dal fatto che secondo voi il teatro sta diventando autoreferenziale e rischia di non essere un luogo di incontro vero tra le persone e l’arte?

Noi abbiamo inventato questo Festival perché ci crediamo, ma non è che poi abbiamo troppe considerazioni.

Esplorerete altre periferie?

Perché no? Questa era una cosa estiva. Però bella l’Ortica, alla Balera. Iniziamo a pensarci per l’anno prossimo.

Mercoledì 24 luglio, domani, chi potrà resistere a Le Sirene, il testo di Sebastiano Colaluce nato sull’itinerario dell’autobus 90/91 (ore 21 e 21.45, ritrovo in viale Umbria 4 dove è previsto un servizio di accompagnamento al luogo di spettacolo, arrivare muniti di biglietto Atm): si ascolteranno la storia di Flavio, l’autista, e quelle di passeggeri che salgono e scendono. Giovedì 25 chiude la rassegna Vorrei essere figlio di un uomo felice di e con Gioele Dix, all’Ex Macello, in viale Molise 62. L’attore mette in scena un recital vivace e documentato per affermare il comune destino dei figli nella lotta per meritare l’amore, e l’eredità, dei padri. Sempre qui, all’Ex Macello, aveva aperto il Cantiere proprio Giacomo Poretti, lo scorso 25 giugno, con uno spettacolo/introduzione dal titolo Ulisse. Invito al viaggio, dello stesso Poretti e da lui interpretato, con reading a cura di Laura Palmeri e Fabio Zulli, con la partecipazione dei musicisti del Conservatorio di Milano e la regia di Paolo Bignamini.

Lo scorso 26 giugno, in occasione della Giornata mondiale contro le droghe, il Festival è entrato a Rogoredo per la prima volta, ma con l’intento di portare un po’ di bellezza. L’appuntamento è stato alle 20 proprio nella complicata Stazione, per poi incamminarsi nel Bosco di Rogoredo dove si è svolto un Concerto di ottoni a cura del Conservatorio di Milano. Dopo Circe, il I luglio nel Parco Porto di Mare, testo di Bianca Montanaro, mise en espace con Roberto Trifirò e Giacomo Toccacei per la supervisione registica della Demattè, il 2 è stata la volta del gospel, del jazz e musica popolare suonata dal Conservatorio di Milano al C.I.Q. Centro Internazionale di Quartiere nella Cascina Casottello in via Fabio Massimo 19. Il C.I.Q è un progetto dell’associazione socio-culturale Sunugal, che da oltre vent’anni si occupa di co-sviluppo tra Italia e Senegal, promozione sociale e intercultura, e della Cooperativa Sociale Fate Artigiane. Il 3 luglio si è tornati a Rogoredo per La madre di Ulisse, una “passeggiata teatrale” con Federico Cicinelli e il testo di Matteo Bonfigioli. Il 9 a Cascina Sant’Ambrogio si è tenuto il concerto jazz a cura del Conservatorio di Milano come Storia di un viaggio dal Jazz italiano a quello americano, tra standard tradizionali e composizioni originali del duo. Nel 2013, durante gli scavi archeologici sotto il pavimento della Chiesa dei santi Filippo e Giacomo di Nocetum, è stata trovata la tomba di una donna. La nutrice, il 10 luglio, testo di Giulia Villa recitato da Carlotta Viscovo, ha raccontato la storia del Nocetum nei secoli. L’11 Silvia Guerrieri ha scritto e interpretato Il cane Argo nell’ex Macello, mentre il 15 Giulia Asselta ha scritto e diretto Penelope, mise en espace in piazzale Libia con Giulia Villa. Il 16 luglio all’Oratorio San Pio V Ciro e Gli amanti di Vigevano hanno portato il loro La collina. Non all’amore, non al denaro né al cielo, un concerto per ripercorrere l’omonimo disco di Fabrizio De Andrè e le sue storie. Giovedì 18 allo Spazio DOPO? In via Carlo Boncompagni, 51/10 (luogo per coworking e organizzazioni culturali, ha il punto di domanda perché avrebbe dovuto chiamarsi Dopolavoro) è andato in scena Telemaco, di Giacomo Fausti: un padre, rapper cresciuto nel Corvetto, e suo figlio, liceale modello, cercano un modo per incontrarsi. Sono diversi per età ed interessi ma entrambi vogliono trovare la loro strada e il loro posto nel mondo.

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