Ritratto di un’artista sul palco: testimonianza su Franca Nuti, l’attrice dallo sguardo penetrante che ti scavava dentro anche a distanza dal palcoscenico

Di Paolo Bosisio

Categoria Riflessioni dalla platea, Storia del teatro

Pubblicato Maggio 14, 2024

Franca Nuti in scena al Piccolo in "A German Life-La segretaria di Goebbels", credit @masiarpasquali
"A German Life" ​di Christopher Hampton tratto dalla storia vera e dalla testimonianza di Brunhilde Pomsel, regia Claudio Beccari scene e costumi Guido Buganza luci Claudio De Pace con Franca Nuti produzione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa Foto© Masiar Pasquali

Paolo Bosisio ricorda l'attrice adottata da Milano e scomparsa da pochi giorni, aperta a esperienze e suggestioni varie: ha lavorato con i maggiori registi, il suo prediletto fu Luca Ronconi

Si è spenta il 12 maggio Franca Nuti, una delle più grandi attrici del teatro italiano del secondo Novecento.

Nata a Torino nel 1929, si diplomò nell’Accademia dei Filodrammatici di Milano, città cui è rimasta fedele nei decenni abitandovi fino alla morte, in un appartamento vicino a quello di Giorgio Strehler.

Una donna e un’artista davvero speciale, Franca Nuti, che ho avuto il piacere e l’onore di conoscere e frequentare insieme all’amatissimo marito Giancarlo Dettori, attore anch’egli e grande, con il quale tuttavia Franchina, come lui amava definirla, non fece mai “ditta” pur scegliendo di lavorare episodicamente insieme in spettacoli divenuti memorabili.

Lui, fedelissimo di Strehler e del Piccolo cui dedicò gran parte della sua carriera artistica. Lei più aperta a esperienze e suggestioni diverse, dopo avere compiuto il suo dovere di madre lasciando le scene per alcuni anni per dedicarsi esclusivamente ai figli.

Franca debuttò negli anni ’50 con Memo Benassi, Lilla Brignone e Gianni Santuccio, per poi affiancare Giorgio Albertazzi e Anna Proclemer. La sua formazione artistica si costruì attraverso l’esperienza di palcoscenico con grandi registi, tanto diversi fra loro, come Costa, Bolchi, Lievi, Ferrero, Trionfo, Cobelli, Zeffirelli, Puggelli, Pasqual e, non ultimo, Strehler. Il regista cui fu più vicina negli anni della maturità è certamente Luca Ronconi che la prediligeva, oltre che per le straordinarie sue doti artistiche, per il carattere forte, schivo, coraggioso che la conduceva ad affrontare ogni giorno con umiltà e senza il minimo atteggiamento da primadonna la fatica e l’azzardo del recitare. Diretta da Ronconi la ricordo straordinaria in Ignorabimus di Arno Holz accanto a Delia Boccardo, Marisa Fabbri, Edmonda Aldini e Olga Gherardi, al Fabbricone di Prato nell’86, due anni più tardi nei Dialoghi delle carmelitane di Georges Bernanos e quindi in Tre sorelle di Anton Cecov (con Anna Maria Guarnieri e Marisa Fabbri).

I suoi occhi, quello sguardo penetrante che ti scavava dentro anche a distanza dal palcoscenico, la sua voce, le sue mani, trasmettevano a noi spettatori, oltre la parola, il carico di spiritualità e di pensiero racchiusi nel testo. E ciò in maniera sublime e forse insuperata con Henrik Ibsen e August Strindberg, autori che le furono particolarmente vicini.
Con infinita ammirazione la ricordo novantaduenne nell’ultima sua straordinaria interpretazione al Piccolo, diretta da un mio giovane ex allievo, nei panni della segretaria di Goebbels che, immobile su una sedia, racconta ultracentenaria la propria storia e la caduta del nazismo.

Oltre che artista sublime, Franca fu maestra di attori amatissima dai suoi discepoli, all’Accademia Silvio D’amico di Roma, alla Civica Paolo Grassi (che il Sindaco Sala sembra intenzionato a chiudere), alla scuola del Piccolo Teatro di Milano.

E amatissima dal suo pubblico e da tutti noi che, fra i suoi spettatori, abbiamo goduto della sua intelligenza e della sua straordinaria statura d’arte.

Altri articoli relazionati