Una vita costretta in gabbia: Enrico Guarneri e Nadia De Luca magistrali nella resa del romanzo di Giovanni Verga “Storia di una capinera”

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Ciapa'l tram, Recensioni

Pubblicato Febbraio 17, 2024

Nadia De Luca e Enrico Guarneri in"Storia di una capinera", credit FrancescoMariaAttardi
Nadia De Luca e Enrico Guarneri in"Storia di una capinera", credit FrancescoMariaAttardi

Ancora stasera e domani per la la produzione Teatro Abc Catania - Ass. Progetto Teatrando ospite al Teatro Menotti

Uno spettacolo da vedere per la grazia e la sensibilità con cui riesce a trasmettere gli argomenti profondi e complessi di cui si fa portavoce. Siamo al Teatro Menotti, dove ancora questa sera e domani è in scena Storia di una capinera, produzione Teatro Abc Catania – Ass. Progetto Teatrando, dal romanzo epistolare di Giovanni Verga (Catania, 1840-1922) nel riadattamento drammaturgico di Micaela Miano e la regia di Guglielmo Ferro: una scena nera, di Salvo Mancicagli, che cambia per diventare di volta in volta il convento o la villa di Maria, Nadia De Luca, la giovane costretta fin da quando è bambina a farsi suora.

Storia di una capinera", credit FrancescoMariaAttardi
“Storia di una capinera”, credit FrancescoMariaAttardi

Per Verga la storia di Maria è raccontata attraverso le lettere che questa scrive alla compagna di convento Marianna, per Ferro la vicenda interiore della novella suora è animata in una vera e propria drammaturgia che include necessariamente diverse altre vite. Sì, perché ciò che emerge chiaramente dallo spettacolo è che il buio in cui Maria è costretta a vivere non sarebbe suo: il padre, meravigliosamente interpretato da Enrico Guarneri (applauso a scena aperta alla prima dopo il suo monologo iniziale), nel suo amore forte per la figlia quanto incapace di dirigerlo verso il bene per lei, la porta lui stesso in convento quando Maria è solo una bambina. Perché? Era stato deciso così in famiglia. La prima moglie dopo poco muore, lui si risposa e ha una seconda figlia, Giuditta (non compare mai in scena, viene solo citata). Maria resta in convento, con altre sorelle e la Madre superiora (interpretata dalla brava Emma Muni). Finchè a Catania scoppia il colera, siamo nel 1887, l’epidemia costò più di 700 morti: il padre decide di andare a riprendere Maria, portarla al sicuro a palazzo.

"Storia di una capinera", credit FrancescoMariaAttardi
“Storia di una capinera”, credit FrancescoMariaAttardi

Ecco lo sconvolgimento interiore di Maria prende luce davanti agli occhi del pubblico: immediatamente, grazie alla vita che riesce a condurre appena fuori dal convento, la ragazza si anima, si consolida, l’aria entra in lei, riesce a percepire la meraviglia del mondo. E si innamora del giovane Nino. Non sia mai: la capinera sta per scappare dalla sua gabbia. Il padre la riconduce in convento, dove lei scoprirà l’esistenza di un’altra suora che cadde nella tentazione dell’amore: è stata rinchiusa nei sotterranei della casa monacale.

Storia di una capinera", credit FrancescoMariaAttardi
Storia di una capinera”, credit FrancescoMariaAttardi

Un dramma efficace e davvero coinvolgente, con attori che esprimono il dolore che costa dover vivere secondo le scelte che altri hanno condotto per te. Il giovane Nino verrà promesso sposo alla sorella, e uno dopo l’altro gli anelli di una catena dura si stringono attorno al collo di Maria, che niente ha fatto per dover essere ingabbiata e soffocata. E lo sguardo si allarga verso tutte le storie di vite di donne che non hanno mai potuto scegliere, e ancora oggi devono vivere nel buio.

DURATA: 90′ con intervallo

ORARI SPETTACOLO: dal martedì al sabato ore 20. Domenica ore 16.30
Lunedì riposo

ORARI BIGLIETTERIA: dal lunedì al sabato dalle ore 14.00 alle ore 18.30, dalle 19.00 alle 20.00 solo nei giorni di spettacolo
Domenica ore 14.30 | 16.00 solo nei giorni di spettacolo

INFO. via Ciro Menotti 11, Milano – tel. 0282873611 – biglietteria@teatromenotti.org

PREZZI: Intero – 32.00 € + 2.00 € prevendita. Ridotto over 65/under 14 – 16.00 € + 1.50 € prevendita

Consigli per prima o dopo lo spettacolo

  • Bar Teatro Menotti

    Dopo che Filippo Perego ha acquistato il Teatro Menotti scampandolo dal diventare il parcheggio  degli eleganti appartamenti che sono appena nati con la riqualificazione di tutto lo stabile in cui c’è anche questa Sala, al piano terra è stato ricavato un bar. L’estetica è semplice: solo tavolini e un bancone infondo. Se la gestione fosse ancora quella del genitore e figlio che fino a poco fa con gentilezza e eleganza portavano, per 7 euro, al tavolo un buon calice di Falanghina a giusta temperatura, accompagnato da patatine, pizzette e focaccine ottime e salumi (e senza la smania di avere subito il pagamento), l’aperitivo sarebbe stato ancora consigliato. Ora la gestione è passata a Gattò, il ristorante di cucina napoletana e francese (loro stessi si definiscono così) in via Castel Morrone. Il problema è che, non essendoci una sala in più e neanche un vero piano di lavoro, il ristorante arriva in teatro con piatti già preparati precedentemente e freddi. Ad esempio per uno spiedino di tre mozzarelline (micro) e un crodino, chiedono 13 euro. Andando in cassa autonomamente a ordinare, pagare e riportandosi da sè le scelte al tavolo. Un altro trattamento, di minore qualità e a prezzo quasi raddoppiato.

    Indirizzo: via Ciro Menotti 11

  • Rosy e Gabriele

    Troverete la storica pizzeria degli attori e persone dello spettacolo. I due originari fondatori del ristorante (Rosy e Gabriele) ora sono in pensione, ma 11 anni fa, hanno lasciato il locale a chi già lavorava con loro da 37 anni. Qui la cucina è aperta fino a tardi (il ristorante chiude all’1), in un ambiente movimentato, allegro e in cui lavorano veri professionisti del servizio ai tavoli, da sempre in sala con camicia bianca e papillon nero. Gestiscono l’arrivo di clienti con o senza prenotazione con maestria e simpatia. Si possono mangiare classici piatti milanesi come risotto o cotoletta, ma la specialità è la pizza, presente in varie ricette. Sarete serviti in un’unica sala da pranzo conviviale dal sapore anni ’70-’80, come il paniere d’altri tempi che contiene amaretti, dolcetti alle mandorle e caramelline al limone o alla menta che viene servito a fine pasto se si sceglie di non prendere il dolce.

    Indirizzo: Via Giuseppe Sirtori, 26, 20129 Milano

    Telefono: 0229525930

  • Giolina

    In un ambiente chic senza essere radical, sportivo e elegante nello stesso tempo, una schiera di ragazzi e ragazze servono ai tavoli quelle che chiamare solo “pizza” forse è troppo poco. Da Giolina, in zona Porta Venezia, il segreto probabilmente è la lievitazione della pasta, 48 ore: potete stare certi che non vi rimarrà sullo stomaco. Aperta dal gruppo Arbellini-Brisbane-Saturnino, gli stessi di Panini Durini, Marghe, Pizzium, fino a Locanda Carmelina, Giolina oltre al tempo di riposo della pasta mette al centro di ogni ricetta la qualità degli ingredienti. Credete di poter parlare di acciughe? Certo che no, sono Alici di Cetara. O di mozzarella? Non sia mai, qui si usa il Fior di latte d’Agerola. Ingredienti raffinati, per nomi di pizze nuovi anche se spesso ricalcano quelle più tradizionali. Ad esempio la Margherita qui si chiama Ghitina (8 euro) ed è preparata con pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino DOP, fior di latte d’Agerola, Parmigiano Reggiano DOP 30 mesi, olio extravergine di oliva biologico e basilico fresco. Da consigliare, per chi non ama la mozzarella sulla pizza c’è la Luisina, ovvero la Napoli rivisitata, 11.00 euro: Pomodoro San Marzano dell’Agro Sarnese-Nocerino Dop, pomodorini del piennolo del Vesuvio Rossi Dop, alici di Cetara, capperi disidratati, polvere di olive caiazzane, origano di montagna, basilico fritto, olio evo aromatizzato all’aglio. Di fatto come ricette da assaggiare non esistono grandi alternative alla pizza, e non ne sono previste senza glutine per i celiaci. Certo, potreste assaggiare un antipasto: bruschette, friarielli, mozzarella di bufala e taglieri, con prezzi che vanno dai 3.50 agli 11 euro, anche se glutine o lattosio sono, anche qui, praticamente inevitabili. Da bere esiste una buona selezione di etichette e l’ottima birra Ichnusa, filtrata o meno. Da Giolina è presente anche una zona pre-ristorante (anche se non è molto frequentata): una sorta di bancone dove si può prendere un aperitivo. L’accessibilità è trattata come un argomento noto: per facilitare le carrozzine esiste una pedana spostabile da appoggiare sul gradino all’ingresso, unico presente. Il bagno è a norma ed è provvisto anche di un fasciatoio. Lo spazio tra i tavoli in sala consente tranquillamente il movimento di una carrozzina e i cibi si possono adeguare a esigenze particolari di masticamento. Non c’è un parcheggio disabili di Giolina, ma posto in zona dovrebbe trovarsi nelle vicinanze (c’è un mix di parcheggio residenti e a pagamento. C’è anche un parcheggio coperto a pochi metri dal ristorante). Vi arrivano vari tram (9, 19, 23, non sempre, ma anche agibili), l’autobus 54 e 61 (agibili). La metro più vicina è la Rossa, fermate di Palestro o Porta Venezia.

    Indirizzo: via Bellotti 6

    Telefono: 0276006379

    Website: https://giolina.it/

  • S’incantu

    Che il ristorante sia ora in mano a una vera professionista si intuisce già dall’accoglienza: arriviamo in seconda serata, dopo teatro (dal Menotti sono circa 7 minuti a piedi), e Veronica è seduta con altre giovani donne fuori sui tavolini esterni. Non c’è problema, la cucina del S’incantu è ancora aperta, possiamo accomodarci. Ci accompagna tra i tavoli, con tovaglia bianca, poltroncine arancioni e parquet scuro. Colpiscono i piatti, tutti decorati con fantasie colorate in sintonia con il resto dell’ambiente. “Mettetevi tranquilli, rilassatevi, ora è un momento per voi”. E così, dopo poco, ci porta il menù e cominciamo la nostra piccola avventura nelle terre e l’ottima cucina della Sardegna. Veronica, infatti, è di Muravera (Cagliari). Famiglia di ristoratori, a Milano hanno gestito già molti ristoranti (il Sapori di Mare, il Quarta Carbonaia e altri). Certo, la nostalgia della propria isola rimane, ma la serietà tipica di questo popolo ha il sopravvento. E se si sceglie di seguire un progetto, si fa bene. Ecco che infatti ci vengono serviti dopo un tempo di attesa breve un piatto di ottima fregola sarda e uno di spaghetti con la bottarga. Il Vermentino di Sardegna è d’obbligo, il tutto per il prezzo di 50 euro in due (25 a testa). Da tornare.

     

    Tel. 02-83558231, info@sincantumilano.it

    Chiuso solo il lunedì (aperto pranzo e cena dal martedì alla domenica)

    Indirizzo: via Gustavo Modena 28

    Telefono: 0283558231

    Email: info@sincantumilano.it

    Website: https://www.instagram.com/sincantu.milano.ristorante/

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