Non bastano le trovate tecnologiche per sostituire l’inefficienza della recitazione

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Recensioni

Pubblicato Febbraio 6, 2024

foto di scena de Uccelli di Aristofane, credit @GianfrancoFerraro
foto di scena de Uccelli di Aristofane, credit @GianfrancoFerraro

Al Menotti gli "Uccelli" di Aristofane: Emilio Russo, regista, condisce lo spettacolo di espedienti tecnologici o musicali, ma non basta: gli attori non rendono la sagace ironia del testo

Gli Uccelli di Aristofane (445-385) per adattamento e regia di Emilio Russo, in scena fino all’11 febbraio al Teatro Tieffe Menotti che anche lo produce, è stato lo spettacolo vincitore del Premio Nazionale Franco Enriquez 2019, sezione migliore adattamento e regia. Non ha vinto per la qualità della recitazione, e non è un caso:  la produzione non si contraddistingue certo per gli interpreti. In una scena, di Francesco Fassone, molto semplice, con una gradinata che ricorda una tribuna o la platea di un teatro greco, Enrico Ballardini, Camilla Barbarito, Giulia D’Imperio, Nicolas Errico, Claudio Pellegrini, Maria Vittoria Scarlattei, Emilia Scatigno, Jacopo Sorbini, Chiara Tomei, risultano troppo didascalici, didattici, blandi nella resa della storia di Aristofane. Secondo cui Pisetero ed Evelpide, cittadini ateniesi, decidono di lasciare la polis per andare in cerca di un posto dove trascorrere un’esistenza tranquilla, senza grattacapi, lontano dai meccanismi complicati della vita sociale e istituzionale di Atene. In un immaginario luogo tra terra e cielo, lontano da noie e dispiaceri, i due si sono messi in cammino per realizzare un sogno utopico: quello di una città dolce e materna, senza leggi né violenza, autogestita in una sorta di anarchia basata sul buonsenso.

Il racconto scorre, e il mondo fra le nuvole sembra potersi realizzare: i due pellegrini in viaggio trovano Nubicuculia, potrebbero fondare li’ la propria città ideale. Si accorgono, però, essere già abitata, e solo da uccelli. Si renderebbe necessaria una convivenza: sia mai. La ricerca di un nuovo equilibrio si rende inevitabile quanto difficile, e a complicarla si uniscono anche gli dei dell’Olimpo, che non gradiscono affatto questa scelta indipendentista di Pisetero ed Evelpide.

Nella resa al Menotti, però, non può essere la voce della cantante che accompagna tutto lo spettacolo con la sua musica, e neanche l’uso dell’immagine digitale, che anche gioca un ruolo importante, come le luci in movimento, a rendere la limitata autonomia umana che sta alla base del testo. Il problema di questo spettacolo sono gli attori, che stanno in scena senza originalità né competenza, al livello di una recita scolastica. Non sono assolutamente in grado di evidenziare il profondo significato di quest’opera di Aristofane, che è solo apparentemente leggera e in realtà scoperchia verità sull’uomo nella sua fragilità. E così tutte le idee registiche accentuano l’effetto di trovata per arricchire un lavoro che, in mano a questi interpreti, risulta di alcuna efficacia.

DURATA: 100 minuti con intervallo

INFO: Teatro Menotti via Ciro Menotti 11, tel. 0282873611 – biglietteria@teatromenotti.org – www.teatromenotti.org

ORARI: martedì – sabato ore 20, domenica ore 16.30, lunedì riposo

Consigli per prima o dopo lo spettacolo

  • Bar Teatro Menotti

    Dopo che Filippo Perego ha acquistato il Teatro Menotti scampandolo dal diventare il parcheggio  degli eleganti appartamenti che sono appena nati con la riqualificazione di tutto lo stabile in cui c’è anche questa Sala, al piano terra è stato ricavato un bar. L’estetica è semplice: solo tavolini e un bancone infondo. Se la gestione fosse ancora quella del genitore e figlio che fino a poco fa con gentilezza e eleganza portavano, per 7 euro, al tavolo un buon calice di Falanghina a giusta temperatura, accompagnato da patatine, pizzette e focaccine ottime e salumi (e senza la smania di avere subito il pagamento), l’aperitivo sarebbe stato ancora consigliato. Ora la gestione è passata a Gattò, il ristorante di cucina napoletana e francese (loro stessi si definiscono così) in via Castel Morrone. Il problema è che, non essendoci una sala in più e neanche un vero piano di lavoro, il ristorante arriva in teatro con piatti già preparati precedentemente e freddi. Ad esempio per uno spiedino di tre mozzarelline (micro) e un crodino, chiedono 13 euro. Andando in cassa autonomamente a ordinare, pagare e riportandosi da sè le scelte al tavolo. Un altro trattamento, di minore qualità e a prezzo quasi raddoppiato.

    Indirizzo: via Ciro Menotti 11

  • Rosy e Gabriele

    Troverete la storica pizzeria degli attori e persone dello spettacolo. I due originari fondatori del ristorante (Rosy e Gabriele) ora sono in pensione, ma 11 anni fa, hanno lasciato il locale a chi già lavorava con loro da 37 anni. Qui la cucina è aperta fino a tardi (il ristorante chiude all’1), in un ambiente movimentato, allegro e in cui lavorano veri professionisti del servizio ai tavoli, da sempre in sala con camicia bianca e papillon nero. Gestiscono l’arrivo di clienti con o senza prenotazione con maestria e simpatia. Si possono mangiare classici piatti milanesi come risotto o cotoletta, ma la specialità è la pizza, presente in varie ricette. Sarete serviti in un’unica sala da pranzo conviviale dal sapore anni ’70-’80, come il paniere d’altri tempi che contiene amaretti, dolcetti alle mandorle e caramelline al limone o alla menta che viene servito a fine pasto se si sceglie di non prendere il dolce.

    Indirizzo: Via Giuseppe Sirtori, 26, 20129 Milano

    Telefono: 0229525930

  • S’incantu

    Che il ristorante sia ora in mano a una vera professionista si intuisce già dall’accoglienza: arriviamo in seconda serata, dopo teatro (dal Menotti sono circa 7 minuti a piedi), e Veronica è seduta con altre giovani donne fuori sui tavolini esterni. Non c’è problema, la cucina del S’incantu è ancora aperta, possiamo accomodarci. Ci accompagna tra i tavoli, con tovaglia bianca, poltroncine arancioni e parquet scuro. Colpiscono i piatti, tutti decorati con fantasie colorate in sintonia con il resto dell’ambiente. “Mettetevi tranquilli, rilassatevi, ora è un momento per voi”. E così, dopo poco, ci porta il menù e cominciamo la nostra piccola avventura nelle terre e l’ottima cucina della Sardegna. Veronica, infatti, è di Muravera (Cagliari). Famiglia di ristoratori, a Milano hanno gestito già molti ristoranti (il Sapori di Mare, il Quarta Carbonaia e altri). Certo, la nostalgia della propria isola rimane, ma la serietà tipica di questo popolo ha il sopravvento. E se si sceglie di seguire un progetto, si fa bene. Ecco che infatti ci vengono serviti dopo un tempo di attesa breve un piatto di ottima fregola sarda e uno di spaghetti con la bottarga. Il Vermentino di Sardegna è d’obbligo, il tutto per il prezzo di 50 euro in due (25 a testa). Da tornare.

     

    Tel. 02-83558231, info@sincantumilano.it

    Chiuso solo il lunedì (aperto pranzo e cena dal martedì alla domenica)

    Indirizzo: via Gustavo Modena 28

    Telefono: 0283558231

    Email: info@sincantumilano.it

    Website: https://www.instagram.com/sincantu.milano.ristorante/

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