Ferracchiati è il Checov di oggi

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Recensioni

Pubblicato Febbraio 1, 2024

Il cast al completo in una scena di "Come tremano le cose", credit @masiarpasquali
Il cast al completo in una scena di "Come tremano le cose", credit @masiarpasquali

Il giovane regista reinterpreta in modo magistrale i temi della paura e della solitudine, cardine della poetica del drammaturgo russo. Impeccabile il lavoro svolto con gli attori

Certo, la grande vetrata che si specchia sul lago e che occupa tutta la lunga parete del salotto dovrebbe dare un senso di libertà. Invece, è il contrario. Al Piccolo Teatro Studio Melato ha debuttato lo scorso 27 gennaio, fino al 25 febbraio, Come tremano le cose riflesse nell’acqua, ovvero la versione del Gabbiano di Anton Checov (1869-1904) riletta con gli occhi di Liv Ferracchiati, Todi, 1985. Il giovane regista, diplomato alla Paolo Grassi, sfugge egli per primo alle identificazioni di genere e porta un nuovo ordine di priorità nella categorizzazione degli esseri umani. Non è inutile sottolinearlo in uno spettacolo in cui tutti i protagonisti si sentono limitati nelle maglie in cui la società li stringe: il principale artefice dell’efficacia con cui arriva al pubblico il lungo lavoro che questa nuova produzione del Piccolo Teatro ha comportato con ogni attore, infatti, è lui, restando così nell’impronta del teatro di regia di cui Giorgio Strehler è stato uno dei principali esponenti e di cui il Piccolo porta avanti la concezione di spettacolo.

Il teatro di Checov è un’indagine nell’animo dei personaggi e un coglierli quanto più da vicino proprio mentre sono intrappolati nelle prigioni che loro stessi si sono creati restando nelle convenzioni in cui automaticamente la società li inserisce: niente poteva essere più vicino alla sensibilità di Ferracchiati, che dimostra con questo lavoro di saper restituire, attraverso i suoi attori, il dolore e la fatica sempre necessari per non cedere al ruolo che gli Altri desidererebbero assegnare. Davanti a questa inevitabile condizione umana, ciascuno reagisce in modo diverso.

Laura Marinoni e Giovanni Cannata, credit @masiarpasquali
Laura Marinoni e Giovanni Cannata, credit @masiarpasquali

E così lo spettacolo, magistralmente recitato, si propone come un dialogo autonomo tra ogni individuo con se stesso: pur restando in scena quasi sempre in gruppo, nel grande salotto-cucina che dà sul lago, ogni personaggio sa guardare solo alla sua solitudine interiore. In particolare Giovanni Cannata, il figlio (ovvero Kostantin: Ferracchiati non ha voluto usare i nomi propri dei personaggi previsti da Checov per concentrare l’attenzione sul ruolo che svolgono), è un ragazzo schiacciato dalla presenza della madre, Arkadina, Laura Marinoni, che era una grande attrice. Lei non lo capisce, o forse non vuole capirlo: il figlio vuole essere uno scrittore, lei tende a sminuirne ogni prestazione. Nel loro rapporto d’amore e odio c’è tutta la volontà di lei nel non voler far emergere lui, e la difficoltà di lui nel volersi staccare anche nella velata consapevolezza che la ferirebbe. “L’immagine essenziale di questo lavoro – spiega Ferracchiati – si delinea a partire dal concetto del lago. Un lago-placenta da cui è difficile staccarsi, perché separarsi dall’origine significa esistere con le proprie forze, senza mutuare ragioni negli sguardi altrui. Significa partorirsi, rinunciare al concetto di madre e allo statuto di figlio”.

Petra Valentini e Giovanni Cannata, ®MasiarPasquali
Petra Valentini e Giovanni Cannata, ®MasiarPasquali

L’unica che sembra libera è Nina, Petra Valentini, la sola infatti che ha un nome proprio in scena anche per Ferracchiati: attrice anche lei, è la fidanzata di Kostantin. Ma vive male il clima soffocante che si respira nel salotto davanti alla grande vetrata, in cui tutti (Sorin, lo zio, interpretato da Nicola Pannelli, Trigorin, il Romanziare, Roberto Latini, Masa, la vicina, Camilla Semino Favro, Dorn, il dottore, Marco Quaglia, Medvedenko, il maestro, Cristian Zandonella), tutti vivono insoddisfatti della propria vita quanto non sono disposti a cambiarla. Davanti a questo immobilismo Nina si uccide, o si è fatta uccidere, come il Gabbiano che Kostantin ha ammazzato in giardino.

Per uno spettacolo che, anche nell’efficacia della scena e dei costumi, di Giuseppe Stellato e Gianluca Sbicca, riesce rendere con profondità la difficoltà di affrontare l’esterno, sfondare il vetro per paura: più sicuro restare rifugiati in una stanza, ciascuno con le proprie vite, cercando soprattutto di ostacolare chi invece cerca di avere il coraggio di staccarsi e partire. Un dramma sulla vecchiaia, intesa come status non di saggezza ma di precarietà e sospetto, timore verso la libertà e tutte le sue ampie e varie forme.

PICCOLO TEATRO STUDIO MELATO, via Rivoli 6, Milano

DURATA: 140 minuti senza intervallo

ORARI. Martedì, giovedì e sabato, ore 19.30. Mercoledì e venerdì, ore 20.30. Domenica, ore 16. Lunedì, riposo.

PREZZI. Platea 40 euro. Balconata, 32 euro.

INFO. Tel. 02-21126116, www.piccoloteatro.org

Consigli per prima o dopo lo spettacolo

  • Bar del Teatro Studio

    Esiste in teatro un piccolo bar che offre principalmente caffè e bevande. si può fare un aperitivo tranquillo senza pretese.

    Indirizzo: Via Rivoli, 6, 20121 Milano

  • Bistrot Degustazione alla Casa degli Artisti

    Ospitalità perfetta al Bistrot “Degustazione” nella Casa degli Artisti: arriviamo tardi, senza prenotazione e a cucina quasi chiusa, ma si dimostrano comunque disponibili ad accoglierci. Prendiamo una buona tartar con un bicchiere di vino. Il locale è ampio, spazioso, con una parte in esterno. Esiste anche una terrazza dove si può mangiare, e il servizio è cortese, l’ambiente abbastanza famigliare, di persone che conoscono già il posto. Del resto il locale nasce in una struttura storica per Milano quale la Casa degli artisti, fondata nel 1908 come residenza per pittori e scultori e sovvenzionata dalla famiglia Bogani, mecenati milanesi. E’ poi diventata una casa occupata dagli anni ’70-’90 fino al restauro, voluto dal Comune e conclusosi nel fatidico febbraio2020. A causa del Covid 19 ha dovuto immediatamente richiudere: oggi per tutti, non solo per artisti, la Casa è un luogo d’incontro, e anche il Bistrot fa la sua parte per rendere la struttura accogliente sotto ogni punto di vista. La gestione è affidata a Future Fond, “affezionati al futuro”, impresa fondata da Lorenzo Castellini che “sviluppa progetti e reti in ottica di rigenerazione urbana”, in cui la campagna entra in città. Infatti, affacciato sul giardino pubblico Pippa Bacca, lo spazio “Degustazione” si distingue per il vivaio di erbe spontanee, aromatiche e officinali da ammirare e gustare sul posto. I tavoli all’aperto, sempre del Bistrot, valorizzano il fatto che la Casa degli Artisti sia un luogo di connessioni per tutti. Info. www.casadegliartisti.net, per prenotazioni via WhatsApp: 3427992990

    Indirizzo: Corso Garibaldi 89/A o con ingresso da via Tommaso da Cazzaniga

    Telefono: 3427992990

    Website: https://degustazione.org

  • La Libera

    Nel 1979 Italo Manca, ex marinaio di lungo corso, sempre elegante con i suoi grandi baffi, sigaro cubano Curchill e completi di stile ingleseapre (allora con il proprietario della Trattoria Vittoria) “La Libera”, una birraria con cucina, ossia una trattoria dove gustare piatti prevalentemente a base di birra, accompagnati dalle migliori birre del nord europa. Ancora oggi è possibile trovare in alcuni momenti in menu lo storico risotto alla birra, Il LiberatoIl menù propone specialitá regionali lombarde a base di carne e di pesce. Italo Manca è ancora proprietario della Libera, oggi con Gino Narducci.

    Indirizzo: Via Palermo, 21, 20121 Milano

    Telefono: 028053603

    Website: https://lalibera.it/it/menu/

  • Pandenus Bistrot

    Chissà se Ramazzotti ci è andato da quando il suo ex Resentin, il locale in via Mercato 24, è stato rilevato nel 2018 dalla società Hotel Pandenus, controllata a sua volta dalla holding Bretzel proprietaria del marchio fondato da Filippo Lecardane. Il Resentin aveva chiuso nel 2014, ma Ramazzotti era rimasto proprietario dei muri cedendo l’attività a Crocetta, il locale (di un suo amico) noto in città per i suoi veramente ottimi panini in corso di Porta Romana 67. Da quando la gestione è della catena che attualmente ha locali anche in Gae Aulenti, Melzi d’Eril, Largo La Foppa, piazza Vetra, corso Concordia e via Tadino, chiaramente ha perso un po’ dell’autenticità e del sapore del rapporto vero tra cliente e gestore. Si tratta più di un’amministrazione tecnica che sta molto, molto, troppo (?) attenta alle entrate più che a cercare una affiliazione con chi si reca nel locale. Al punto che, quando ci siamo andati, abbiamo perso ben due volte tempo a dimostrare che il gruppo non aveva intenzione di truffare il ristorante senza pagare alcune quote. Con foto e scannerizzazioni di scontrini, risalendo anche ad errori del locale (che una volta aveva stampato un prezzo superiore a quello effettivamente consumato) abbiamo dovuto dimostrare la nostra onestà di clienti. E  perdipiu’ il controllo interno della sicurezza è totalmente assente: la seconda delle due sere in cui siamo andati al Pandenus di via Mercato una signora del nostro gruppo ha subito il furto della sua borsa. La gestione non ha dimostrato alcun interesse nell’aiutarla nella ricerca, ne’ si è assunta la minima responsabilità dell’accaduto. Come se il furto non fosse avvenuto nel loro locale.  Ovviamente, data la sfiducia dimostrata verso di noi come ladri e, paradossalmente, il furto subito proprio da una persona del nostro gruppo, non torneremo mai più. Peccato, perché la cucina, che in via Mercato ha come chef Enrico Bartolini, propone buoni piatti di ricette tradizionali italiane. Compresa la pizza, il risotto giallo e pastasciutta di vario tipo. A prezzi che, tra l’altro, sono perfettamente nella norma per un locale del centro. Non viene neanche in mente di alzarsi senza pagare!

    Indirizzo: via Mercato 24

    Telefono: 028693391

    Email: mercato@pandenus.it

    Website: https://www.pandenus.it/it/store/pandenus-via-mercato-24/

  • Rovello18

    E’ un locale che sfrutta il fatto che arrivino in prevalenza turisti stranieri. Noi, tutti milanesi o comunque abitanti a Milano, eravamo in quattordici per un pre-teatro (è molto vicino allo Strehler): abbiamo prenotato specificando che avremmo scelto antipasti o primi leggeri. Non abbiamo pagato alla romana: ho speso 20 euro per una ridicola porzione di minestrone freddo e due bicchieri di bianco. Allora: servizio veloce, cucina più che mediocre e soprattutto imbroglioni. Assurdo il prezzo pagato rispetto al piatto scelto e soprattutto alla irrisoria quantità che mi hanno servito (il corrispondente di un bicchier d’acqua pieno). La zona di Brera-Garibaldi è sempre più sgradevole per chi abita in città, troppo turistica.

    Indirizzo: via Tivoli 2

    Telefono: 0272093709

    Email: rovello18@gmail.com

    Website: https://www.rovello18.it/

  • Dumpling Mywei

    Perfetto se cercate un posto poco dispendioso, allegro, semplice ma curato nei dettagli (ad esempio è quasi perfettamente accessibile). Locale quindi piccolo ma completo, si trova davvero a pochi metri dalle gradinate che portano al Teatro Strehler. Prima, 8 anni fa, qui c’era solo un bar, gestione cinese. Da due anni e mezzo la stessa famiglia ha convertito la sala in una piccola ravioleria cinese — o dumpling bar, per dirla all’Inglese. Il nome fonde il termine cinese Meiwèi — il cui significato è “delizioso” — con l’espressione inglese My way, a modo mio. Un luogo gestito e frequentato da giovani, per gustare, prima o dopo spettacolo, ravioli cinesi freschi preparati secondo l’antica tradizione, ma ogni volta sempre diversi. Aperti tutti i giorni dalle 11:30 alle 15:30 e dalle 18:00 alle 23:30.

    Indirizzo: Via Rivoli, 2, 20121 Milano

    Telefono: 3737538973

    Website: https://www.myweibar.it/

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