Un Pino Pascali in stile Fondazione Prada: la retrospettiva risulta poco generosa verso la poetica dell’artista pugliese
Di Marta Calcagno BaldiniCategoria Oltre il sipario
Pubblicato Marzo 28, 2024
Si entra in un mondo spartano, tutti vestiti di nero, in ampi spazi che sovrastano il visitatore in allestimenti e letture che sembrano pretendere di venire prima dell'artista in questione.
Un consiglio: partite a visitare la nuova mostra sulla scultura di Pino Pascali, che ha aperto ieri mattina alla Fondazione Prada (fino al 23 settembre 2024) dall’ultima sala, la quarta sezione, nella Galleria Sud: qui si investiga la modalità con cui l’artista nato a Bari da genitori di Polignano a Mare, classe 1935, concepiva la sua arte: in modo “insolitamente inventivo e ludico”, come, stranamente, vista l’esposizione che ha realizzato, dice Mark Godfrey, curatore. In questa parte della mostra, infatti, Pascali appare fotografato insieme alle sue sculture: grandi immagini storiche scattate niente meno che da Claudio Abate, Ugo Mulas, Andrea Taverna e un video girato d Luca Maria Patella, esposte vicino ad alcune delle opere stesse con cui l’artista è ritratto. E si vede che Pascali vive la sua arte in modo disincantato, ironico: saltella sui 32 mq di mare circa (1967), che vede vari cubi disposti per terra contenenti poca acqua. O copia, capovolto, la forma del ragno blu che ha creato, Vedova blu (1968).
La ricostruzione di finte armi con materiali di recupero, la realizzazione di opere ispirate ai nuovi elettrodomestici o mostre intere che inseriscono il visitatore in ambienti immaginari: disorientarlo sembra lo scopo dell’artista, ma il vero Pascali è così quaresimale come l’intera mostra vorrebbe farci sembrare, o almeno fino all’ultima sala?
Nella curatela di Godfrey, infatti, c’è un forte monumentalismo, che finisce per risultare del tutto superfluo e che offusca l’spetto ludico: didascalie scritte a caratteri punitivi, personale del Museo che indossa divise rigorose grigio ferro, gli altri ospiti si adeguano al rigido dress code e non si presentano se non vestiti di nero. In una mostra che stimola e accontenta, e, anzi, esalta più questo tipo di estetica che il vero linguaggio dell’artista: al piano terra e al primo piano si approfondiscono le cinque mostre personali che Pascali allestì a Roma e Torino nel 1965, ’66 e ’68. Lo spazio dei due piani è suddiviso in ambienti diversi che ricreano tutte le varie esibizioni de passato, mostrando le caratteristiche di Pascali: tele dipinte su strutture di legno che la rendono tridimensionale (La gravida o Maternità, 1964), sculture che sembrano armi (1966) o animali (1966). Ampi spazi e grandi ricostruzioni di allestimenti delle passate mostre, ma non c’è l’anima dell’artista, non si percepisce la sua identità.
Sempre mostre di Pascali anche al primo piano, ma lo scenario cambia completamente, e l’artista sembra un altro: le opere sono legate all’attualità di allora, si percepisce un Pascali studioso dell’industria, dell’impiego dei prodotti in campo commerciale, di come anche gli altri artisti li utilizzino e della loro trasformazione nel tempo. Questa sezione riporta violentemente alla fine anni Sessanta, ma senza trasferire il messaggio ironico e moderno di Pascali: qui l’assenza del protagonista è ancora più evidente. La mostra sembra un museo sulla storia del costume di più di Cinquant’anni orsono: sezioni in cui le opere dell’artista sono accostate a pagine e copertine di riviste del tempo che riportano fotografie degli elettrodomestici di allora, o video dallo stile molto antiquato con spiegazioni da parte di restauratori vari sulle caratteristiche, il contesto e le problematiche di conservazione dei materiali con cui l’artista ha lavorato nel corso della sua carriera.
Nella terza sezione, nella galleria Nord, tornando al piano terra della Fondazione, si approfondiscono tre mostre collettive cui Pascali partecipò, e si vedono opere anche di altri artisti come Michelangelo Pistoletto, Jannis Kounellis o Alighiero Boetti.
Un percorso approfondito, quindi, ma forse troppo legato all’immagine severa che la Fondazione Prada conferisce alle sue esposizioni, e che non rende del tutto merito alla vera poetica di Pascali se non nella quarta sezione, galleria Sud.
Info. Fondazione Prada, Largo Isarco 2, Milano
Orari: lunedì-domenica, ore 10-19. Chiuso al Martedì
Biglietti: intero, 15 euro (consente di visitare anche la sede di Osservatorio (in Galleria Vittorio Emanuele II) entro 14 giorni nel periodo di apertura); ridotto, 12 euro per studenti fino ai 26 anni, visitatori sopra i 65 anni, possessori tessera FAI, accompagnatori visitatori con disabilità (consente di visitare anche la sede di Osservatorio entro 14 giorni nel periodo di apertura); ridotto, 7.50 euro per studenti delle scuole medie superiori e delle Università del Coomune di Milano, residenti nel Comune di Milano sopra i 65 anni.
Tel. 02-56662612, visit.milano@fondazioneprada.org