Siamo pronti per una nuova società? bisogna partire dall’educazione

Di Marta Calcagno Baldini

Categoria Oltre il sipario

Pubblicato Maggio 28, 2024

Antiquarium Alda Levi, credit@Tripadvisor
Antiquarium Alda Levi, credit@Tripadvisor

Presentato ieri all'Antiquarium "La trottola di Hans" il libro di Giusi Di Lauro: si immagina la vita del futuro condizionata dall'idea di un singolo

Dopo più di 40 anni sempre vissuti abitando a Milano capita di trovare ancora luoghi inesplorati seppur in pieno centro: si è infatti svolta ieri sera, alle 18, la presentazione de La trottola di Hans (167 pp, ed. bookabook, Vignate -Mi-, 2022, 13 euro), il romanzo di Giusi Di Lauro (Giusi Di Lauro – Milano a Teatro) a metà tra la fantascienza e la filosofia. Eravamo in via De Amicis 17 nel Circolo El Salvadanèe dedicato a Emilio Caldara, sindaco di Milano tra il 1914 e il 1920: a sua volta il Circolo, come molti altri, è ospitato in un ex-convento di monache domenicane, fra la chiesa di Santa Maria della Vittoria e l’area archeologica. Siamo infatti nell’Antiquarium di Milano dedicato all’archeologa Alda Levi che prestò la sua attività in Città dal 1925 al 1939, quando fu esonerata dal servizio a causa delle leggi razziali. Qui sono conservati i resti delle fondazioni dell’Anfiteatro romano di Milano unitamente ad un Museo che illustra la storia del monumento sulla base delle ultime indagini archeologiche condotte in città. Si entra al civico 17, e si apre una corte con altri cortili: è nientemeno che l’ex convento di monache domenicane, di cui si conservano i resti (restaurati) in un piccolo chiostro all’ingresso e due lati del chiostro maggiore. Anfiteatro e Museo sono visitabili, con ingresso libero e gratuito, grazie alla collaborazione dei volontari per Il Patrimonio Culturale del Touring Club Italiano.

Un luogo quindi anomalo e pieno di fascino, che si addice a un romanzo come quello presentato ieri sera alla presenza dell’autrice e di Pap Khouma, scrittore e giornalista nato a Dakar. Stessa percezione di straniamento in cui immerge La trottola di Hans (di cui avevamo parlato anche qui: La Milano di oggi e quella di domani: due libri la raccontano (da mettere sotto l’albero) – Milano a Teatro), anche se, per la Di Lauro, non siamo in un contesto archeologico, semmai fantascentifico. Il libro si svolge infatti in una città ideale, la New Town, che somiglia idealmente al nuovo quartiere di Porta Nuova o CityLife, in un futuro tra 3-5 anni: qui il gruppo di adulti che si è potuto permettere di vivere in queste nuove case lussuose, in un ambiente ideale, modello, decide di dotarsi di un esclusivo e sperimentale metodo di educazione per i propri figli. Il Comune asseconda il desiderio dei genitori abbienti che hanno portato avanti la richiesta e inventa il servizio utility famiglia al capo del quale c’è Carlo Bellini, il personaggio visionario che è il protagonista del libro. Pagina dopo pagina, però, la sua idea di educazione sarà in parte in contrasto con la linea di questa città ideale, creando un dissidio tra la perfezione che il nuovo quartiere si è imposto di rappresentare e l’umanità che infondo continua a caratterizzarci, per quanto si cerchi di diventare anonimi e perfetti. “Uno dei libri a cui mi sono ispirata per La trottola di Hans è A piedi scalzi nei kibbutz, di Masal Pas Bagdadi -ha detto l’autrice ieri-. Parla di un progetto per cui i bambini venivano allontanati dai genitori molto presto e mandati a vivere nei Kibbutz: venivano inseriti in un mondo orizzontale, che non portava veri vantaggi educativi”.

Anche la speranza di Carlo Bellini sarebbe quella di allontanare i piccoli dai propri genitori e creare una nuova comunità immune, nuova, libera dagli archetipi (o basata su nuovi pregiudizi?). “Io spero con questo libro di lanciare un allarme contro i senso di immunità verso tutto con cui viviamo oggi – -ha detto ancora l’autrice-, e allo stesso tempo vorrei infondere una nuova speranza: invitare a credere in nuovi messaggi, a costruire nuove infanzie”. I bambini di oggi, e il libro lo denuncia apertamente, sono lasciati a se stessi: genitori che lavorano, mercato che pretende si raggiungano certi livelli e consumi. Il pericolo che vengano assorbiti da esigenze utilitaristiche per creare una società già programmata, esiste. E conclude la Di Lauro: “Bellini cerca di fuggire agli archetipi, ma è impossibile: l’infanzia è il mondo dell’archetipo. Questo libro è un progetto aperto: ognuno può ricavarne nuove idee e stimoli”.

In un linguaggio ricco di nuove parole, sfumature, ispirazioni da altre lingue o gerghi (“mi sento come un falegname: scrivo perché mi piacciono molto le parole, le cerco, le scopro. Sono piena di dizionari, amo approfondire nuovi mondi lessicali e cerco di ripartire dalla scrittura”), la Di Lauro muove una forte critica anche al mondo della comunicazione con questo libro, imbevuto com’è di moralismi e inglesismi. La mancanza di approfondimento della maggioranza conduce anche all’appiattimento linguistico di cui l’autrice ci rende partecipi. E al rischio sociale che ne consegue: che un singolo si creda il possibile artefice di una nuova società da lui guidata.  

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